sabato 12 dicembre 2009

LA POVERTÀ, LA GIUSTIZIA DEL COMMERCIO GLOBALE E LE RADICI DEL TERRORISMO

Il brano che segue è tratto da “Hoodwinked: un economista di successo rivela perché i mercati finanziari mondiali sono implosi, e cosa dobbiamo fare per ricostruirli”. Random House, 2009.

“Domenica, i cecchini dei Navy Seal hanno tratto in salvo un capitano illeso di una nave cargo americana e hanno ucciso tre pirati somali in un'ardita operazione nell'Oceano Indiano, mettendo fine a una situazione di stallo che durava da cinque giorni tra le forze navali degli Stati Uniti e una piccola banda di briganti in giubbotti di salvataggio arancione al largo del Corno d'Africa”...continua

sabato 5 dicembre 2009

Le storie non raccontate di violenza sulle donne

“Non c’è bisogno di andare lontano, è tutto intorno a noi”, dice Robert Dijksterhuis, a capo della divisione Gender del Ministero degli Affari Esteri olandese, in una stanza gremita di donne. “Una donna su tre nel mondo ha subito abusi di vario genere - il più delle volte da parte di qualcuno che conosce”, aggiunge, citando i numeri di UNFPA (Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione)...continua

Sentenza che rende giustizia ai desaparecidos guatemaltechi


Sono passati più di 28 anni dalla sparizione di otto “campesinos” avvenuta in Guatemala durante la guerra civile che ha contrapposto i dissidenti di sinistra alla destra del governo neoliberale. Oggi una sentenza accolta con grande interesse dalla stampa di tutta l’America Latina è stata emessa dal tribunale di Chiquimula, località a 150 chilometri da Città del Guatemala e non lontana dal villaggio in cui gli otto desaparecidos furono visti per l’ultima volta nel 1981: l’ex-colonnello dell’esercito Antonio Sanchez e atri tre paramilitari, giudicati colpevoli per le sparizioni in questione, sono stati condannati a 53 anni di prigione. Furono circa 250.000 le persone, che, tra il 1960 e il 1996, vennero misteriosamente uccise in Guatemala. Un altro atto di giustizia è stato compiuto all’inizio di settembre, quando fu condannato a 150 l’ex-paramilitare Felipe Cusanero, accusato della “sparizione forzata” di sei indigeni tra il 1982 e il 1984.

Un colpevole per i massacri dei maya

L’assassinio di donne, bambini e uomini indigeni disarmati, la distruzione di case, coltivazioni e allevamenti e i bombardamenti indiscriminati sui campi di rifugiati, avvenuti in Guatemala all’inizio degli anni ottanta, furono ordinati direttamente dal presidente de facto Ríos Montt. È quanto emerge dai documenti militari resi pubblici dall’istituto di ricerca indipendente National security archive (Nsa), della George Washington University...continua

martedì 24 novembre 2009

Il Guatemala? Un paese in guerra


"Il 2009? L'anno più violento della storia guatemalteca contemporanea". Non ha dubbi, statistiche alla mano, Mario Polanco, direttore del Gruppo di mutuo appoggio del Guatemala, l'associazione non governativa che, nata 25 anni fa per supportare le spose le madri le figlie le sorelle i familiari tutti di quelle persone detenute illegalmente e sparite nelle fauci della dittatura, ora monitora diritti umani e soprusi, denunciandoli con puntualità.
Le statistiche sui primi dieci mesi dell'anno parlano chiaro. In tutto il 2008, sono state registrate 3305 morti violente, ossia circa nove al giorno. Cifra che nel 2009 ha raggiunto i dieci al giorno, visto che a ottobre si contavano già 3286 vittime.

Polanco e il suo Gam non hanno dubbi: "Il presidente della Repubblica non ha concretizzato nessuna strategia di sicurezza che puntasse a diminuire questi scioccanti indici, anzi, si sta procedendo a una serie di cambiamenti di funzionari publici, specie nel governo, che riflettono l'instabilità e l'incapacità di frenare l'ondata di violenze". Non solo. "La polizia nazionale civile continua a essere scarsamente presente - spiega, studiando il documento appena uscito con i dati freschi di ottobre - non avendo nemmeno le condizioni necessarie a svolgere in modo efficiente un lavoro simile. Il ministero dell'Interno deve realizzare una serie di monitoraggi e soprattutto debe destituire gli agenti corrotti, inserendo a loro posto persone serie e adatte all'incarico". La questione della corruzione degli agenti di pubblica sicurezza non è certo nuova in Guatemala, e anzi ogni volta che il Gam denuncia l'impunità, l'atmosfera inquietante, lo sprezzo della vita che caratterizza la società guatemalteca, tira in ballo la non serietà di molti degli uomini che indossano una divisa. E la palude di corruzione e collisione di poteri non si esaurisce qui.
Il Gam ha più volte dipinto, in maniera realistica sempre con dati alla mano, una giustizia satura di denunce in piena impasse, con, quale unica trionfatrice, l'impunità. Perenne.
Migliaia di casi entrano nei palazzi di giustizia senza mai arrivare a sentenza. O, quando ci arrivano, lo fanno dopo 28-30 anni. "Fortuna che noi guatemaltechi non la perdiamo mai la speranza", commenta amaramente.

Ed è proprio per la gente comune che il Gam prosegue nel suo lavoro, umile e ben fatto, di catalogare, archiviare, osservare, denunciare, e produrre documenti inconfutabili. Uno dei risultati: ogni mese sforna una documentazione statistica alternativa a quella che presenta puntualmente il governo, in modo da dare il punto di vista della società civile sulla situazione dei diritti umani nel paese. Una febbre che non accetta cure, né medici.

"Nonostante il governo abbia firmato un piano per la sicurezza proprio quest'anno - spiega Polanco - il clima di insicurezza resta e con esso la frustrazione, il timore e persino l'apatia, che è la conseguenza peggiore. Per sradicare la criminalità va da sé che sia necessario assegnarle un presupposto congruo alle necessità congiunturali del paese. Il governo, nonostante abbia cinque diversi ministri impegnati in questa lotta, non è ancora riuscito a inaugurare politiche di sicurezza che portino a diminuire la violenza, e questo dimostra una mancanza di coordinazione tra gli enti e la gente, e l'incapacità di portare a termine ciò che è scritto sulla carta".

Tutto questo è il frutto dell'ingovernabilità attuale che logora il Guatamela. "Il disordine politico è grande - commentano dal Gam - Ci sono tanti funzionari pubblici che mettono davanti l'interesse privato a quello pubblico. È un caos. E il risultato è la violenza indiscriminata, dato che a essere colpita è l'intera popolazione, senza eccezioni di sorta". Una violenza cieca, che si scatena e colpisce. Chiunque. Una sequela di episodi che frustra profondamente la gente, generando il medesimo sconforto provato durante la guerra civile.

"Le ferite che lascia non solo infatti soltanto fisiche, è l'anima del paese quella che più soffre. Mai un sospiro di sollievo in questo paese oppresso. E vedere che coloro che potrebbero e dovrebbero far qualcosa in realtà pensano solo al proprio orticello peggiora la percezione del tutto". Che già è grave di per sé. I numeri che indicano le persone ferite per cause violente dichiarano che spesso sono i bambini a essere colpiti. Perché? "Le pallottole vaganti". E con i minori, le donne. Nel 2008, è stata registrata una media di 40 donne morte al mese, salita a 43 nei primi dieci mesi di quest'anno. "Che dire. Questo è stato senza ombra di dubbio un anno duro per tutte le famiglie guatemalteche", ha commentato Polanco, che non dimentaca di citare nemmeno le morti extragiudiziarie, sintomo di quanto sia flebile lo stato di diritto nel paese. "Undici, sono undici in ottobre, e ben 59 in dieci mesi - precisa -. Sono di nuovo aumentate e questo in concomitanza dell'arrivo di un nuovo ministro dell'Interno. Che sia un caso? E poi il linciamento. Sì, la gente si fa giustizia da sola qui, visto che lo Stato latita, si lincia chi sbaglia. Risultato: nell'ultimo mese 35 morti e 130 feriti". E poi i 110 sequestri contati dall'inizio dell'anno. "È penoso, vergognoso e perfino ironico dire che in Guatemala già è stata firmata la pace, quando quello che meno si percepisce è proprio questo, la pace".

sabato 21 novembre 2009

Caffè corretto

Un film per chiedere il rispetto dei diritti nel mercato del caffé. L’iniziativa è di Action Aid International, il regista è Marcello Pastonesi e la casa di produzione la Patriot Film. In Guatemala il caffè è la principale fonte di reddito e di occupazione, dalla quale dipende la sopravvivenza del 20% della popolazione. Attraverso le testimonianze dirette dei coltivatori, "Caffè amaro" racconta come la volatilità del mercato del caffè e la violazione dei diritti dei contadini abbiano conseguenze drammatiche per le condizioni di vita di intere comunità...continua

RAPPORTO DI ACTION AID SUL CAFFE'

VIDEO "UN CAFFE' CORRETTO"

venerdì 20 novembre 2009

Acqua alla Gola

Cosa può avere nelle mani un governo quando non ha più risorse in cambio di liquidi pronti? Gli restano tre su quattro elementi fondamentali del cosmo da vendere proporzionalmente al suo territorio: la terra, il fuoco e l’acqua. E’ quello che accade oggi in Italia ed in quei paesi ultra-sviluppati dove le regole del mercato persuadono così tanto le persone da pensare che ci sia sempre da guadagnarci per tutti...continua

sabato 7 novembre 2009

Fame in Guatemala

Il vescovo di San Marcos sulla crisi alimentare nel Paese: «Finché in Guatemala non ci sarà una profonda riforma agraria, il fantasma della fame continuerà a mietere vittime» inspiegabile che negli ultimi giorni l’opinione pubblica mondiale, sia stata fomentata facendo leva su un problema che in Guatemala è cronico. È vero che la siccità ha colpito i raccolti, ma la fame reale è la compagna fedele e inseparabile di migliaia di guatemaltechi e soprattutto del 49 per cento dei bambini tra 1 e 5 anni di età (percentuale che sale al 59 per cento nella popolazione indigena).Non basta pensare che bisogna chiedere l’elemosina alla solidarietà internazionale per risolvere questo problema. E tantomeno serve farlo. Ripartire viveri che provengono da fuori tranquillizza la coscienza di coloro che hanno il potere di cambiare le cose e migliorare la situazione di fame permanente del Paese. Mi riferisco in primo luogo ai grandi e medi latifondisti; e in secondo luogo agli imprenditori e ai commercianti che trattano prodotti di prima necessità in Guatemala. I primi perché invece di destinare la terra alla produzione di prodotti di esportazione o alla produzione di agrocombustibili, dovrebbero destinarla a seminare cibo e abbassare il prezzo degli alimenti fondamentali della nostra dieta: mais, fagioli, riso, latte. I secondi perché, in mancanza di un controllo del mercato, fanno quello che vogliono, alzando i prezzi e speculando sulla fame della gente.Finché in Guatemala non ci sarà una profonda riforma agraria, come l’ha descritta anni fa un documento del Pontificio consiglio di giustizia e pace del Vaticano e come suggerisce papa Benedetto XVI nella sua ultima enciclica, Caritas in veritate, il fantasma della fame con la sua falce affilata continuerà a mietere la vita di moltissime persone in Guatemala.La solidarietà genuina dei guatemaltechi che si dicono cristiani implica la giustizia e dovrebbe brillare adesso con forza e spaventare il fantasma della fame, mettendolo in fuga verso orizzonti sconosciuti.

mercoledì 21 ottobre 2009

Schiavi e Servi

Nel sistema capitalista la logica di produzione non è misurata in base alla soddisfazione dei bisogni fondamentali della società (cibo, alloggio, salute, istruzione, ecc). Ma per l'ottimizzazione dei parametri di redditività privata capitalista. Pertanto, e seguendo il rigoroso ordine capitalistico, chi non può pagare per il cibo non sarà in grado di consumarlo. E 'la nuova teoria della selezione naturale della specie", non formulata da Darwin, ma dalle corporazioni transnazionali e le potenze imperialiste centrali che hanno trasformato il pianeta in un grande mercato. Con una logica prevalente: La sopravvivenza è riservata solo a quelli che hanno i soldi per pagarla...continua

Siccità e fame: 500 vittime in Guatemala


Sono 469 le vittime in Guatemala dall’inizio dell’anno – riferisce l’agenzia Misna - per la più grave siccità che abbia colpito il Paese latinoamericano dal 1976. Secondo i dati del ministero della Sanità, sono stati persi finora 36 mila ettari di coltivazioni di mais e fagioli, elementi base della dieta quotidiana specie tra i ‘campesinos’. E, sono oltre 400 mila le famiglie a rischio per la mancanza d’acqua e di generi di prima necessità nel Paese in tutta l’America Latina con il più alto tasso - 51% - di malnutrizione cronica tra i bambini di età inferiore ai cinque anni. Per questo a settembre il Guatemala ha dichiarato lo “stato di calamità”. La situazione più grave è quella del cosiddetto ‘corredor seco’, che copre sette dipartimenti orientali. Huité, a Zacapa, è considerato il comune più arido a fronte di politiche inefficaci e nonostante ospiti lussuose ville private con piscina che si ritiene possano appartenere a narcotrafficanti. Secondo i rappresentanti dei contadini della zona, a un chilometro di profondità nel sottosuolo è presente una falda acquifera, su un totale di ben 32 contate nel territorio nazionale, che sarebbe largamente sufficiente a garantire l’approvvigionamento di Huité e dei comuni vicini. Nel tentativo di arginare le spese per l’agricoltura, mantenendo l’umidità nel sottosuolo e favorendo le coltivazioni, nella regione si stanno portando avanti con aiuti internazionali progetti agro-forestali come la semina di Gliricidia (anche detto Madre Cacao), un albero delle leguminose usato per fissare il nitrogeno e arricchire la terra di elementi organici naturali. “Non abbiamo bisogno di assistenzialismo, ma solo di imparare buone pratiche da trasmettere a lungo termine tra i contadini” ha detto il sindaco di Huité, Esbin René Guevara.

Sangue in Guatemala: 12 Ottobre

La polizia spara sui contadini e gli indigeni che partecipavano alla Giornata di azione mondiale in difesa della Madre Terra e protestavano contro la rapina dei beni comuni attuata dalle multinazionali straniere, compresa l'italiana Enel, con la benedizione del governo.

Il 12 ottobre durante le mobilitazioni indette per la Giornata mondiale di azione in difesa della Madre Terra lanciata al Forum sociale mondiale di Belem, tenutosi dal 27 gennaio al primo febbraio di quest’anno, un ragazzo di 19 anni Gilmer Boror Zet è stato ucciso a San Juan Sacatepéquez, in Guatemala, mentre partecipava alla «Protesta de la Madre Tierra». Sono, inoltre, stati feriti gravemente altri due manifestanti: Odulio Raxón Zet, di 16 anni e Esteban Catellanos Orellana di 65 anni. La manifestazione era stata indetta da diverse organizzazioni indigene e contadine guatemalteche tra cui la Fondazione Rigoberta Menchú Tum, il Centro per l’azione legale a difesa dei diritti umani [Caldh], la Coordinadora nacional indigena y campesina [Conic] e la Coordinacion y convergencia nacional Maya Waqib´Kej.
La scelta del luogo della manifestazione non è stata casuale. È da più di un anno che a San Juan Sacatepéquez grandi mobilitazioni si oppongono all’apertura della fabbrica di cemento «Progreso». Lo scorso luglio cinquemila persone hanno percorso le strade di San Juan Sacatepéquez per denunciare i rischi di contaminazione delle acque. La fabbrica, già in costruzione, dovrebbe iniziare a funzionare nel 2012, occupando 900 ettari di terreno e producendo 2,2 milioni di tonnellate di cemento all’anno.
Già nel giugno del 2008 la protesta è stata segnata da un grave episodio di violenza: un dirigente campesino durante una manifestazione contro l’apertura della fabbrica è stato assassinato in uno scontro con le forze di polizia. In quell’occasione Alvaro Colom, Presidente del Guatemala, ha decretato lo stato di emergenza per quindici giorni. In seguito il governo e le organizzazioni indigene e contadine hanno firmato degli accordi, mai applicati, che prevedevano la smilitarizzazione della zona e la cessazione dei processi politici in atto contro i leader della protesta.
Il corteo che il 12 ottobre ha attraversato la città è stato attaccato all’altezza del ponte El Caminero. Tutte le vittime sono originarie della comunità Lo De Reamos di San Juan Sacatepéquez. Secondo le testimonianze degli stessi organizzatori della marcia, i colpi sono partiti da alcuni uomini vestiti di nero infiltrati nel corteo. Tutto il movimento indigeno del Guatemala chiede ora verità e giustizia per quanto accaduto. Nell’aderire alla mobilitazione globale e nell’appello per la manifestazione del 12 ottobre i popoli indigeni del Guatemala chiedevano anche la definizione di una riforma agraria integrale che rispetti i territori indigeni, la sovranità alimentare e l’economia comunitaria. Si chiedeva inoltre il ritiro immediato dal Guatemala di imprese nazionali e straniere che realizzano nel paese megaprogetti estrattivi, minacciando quotidianamente la sopravvivenza di molte comunità.
Tra queste proprio l’impresa di cemento Progreso, ma anche la miniera Marlyn della multinazionale canadese Glamis Gold, responsabile della contaminazione da cianuro del suolo e delle acque nella regione di San Marcos, e l’italiana Enel coinvolta in un progetto idroelettrico nel fiume Jute contro cui, ormai da anni, combattono le organizzazioni indigene e contadine.
Allo Stato e al Governo del Guatemala le organizzazioni sociali chiedevano di fermare la repressione contro le comunità che si oppongono al saccheggio dei beni comuni. Chiedevano inoltre indagini serie sui gruppi armati privati legati al narcotraffico responsabili di assassini, azioni violente e persecuzioni. Il giovane ucciso il 12 ottobre allunga la lista delle persone assassinate nell’ultimo semestre del 2009. Solo nei mesi di settembre ed agosto sono sette i leader uccisi da gruppi armati regolari o non in Guatemala.

La Protesta indigena


Perù, Ecuador, Guatemala, Cile, Panama: negli ultimi mesi la voce dei popoli indigeni dell’America Latina ha guadagnato forza e clamore. Dopo la rivolta che ha insanguinato l’Amazzonia peruviana (oltre trenta morti), portando alla sospensione della contestata legge sullo sfruttamento delle risorse naturali nella regione. Dopo che la sollevazione dei nativi ecuadoriani ha costretto il presidente Rafael Correa ad aprire un tavolo di trattative sulla legge mineraria, ieri in occasione del Columbus day la protesta indigena si è fatta sentire in molti Paesi della regione. In Guatemala una manifestazione di protesta dei contadini indigeni contro il Dia de la Hispanidad ha provocato un morto, due feriti d’arma da fuoco e una decina di contusi. I manifestanti hanno infatti bloccato numerosi accessi alla capitale Guatemala City, provocando le ire di automobilisti e autotrasportatori e la situazione è degenerata in violenti scontri.

A Panama gruppi di discendenti dei popoli originari hanno bruciato le bandiere spagnole e marciato per le strade del Paese per chiedere il rispetto delle proprie terre e tradizioni, la cancellazione delle concessioni distribuite ad aziende multinazionali per lo sfruttamento delle risorse naturali, e protestare per il mancato rispetto dell’autonomia dei popoli indigeni. Gruppi di manifestanti hanno bloccato uno degli accessi della frontiera con il Costa Rica, mentre un altro gruppo ha “assediato” l’ambasciata spagnola. La marcia dei popoli originari cileni ha portato a Santiago del Cile diverse migliaia di persone, che hanno ricordato il Dia de la Hispanidad dalla prospettiva indigena. Vestiti con abiti tradizionali si sono dedicati a canti e balli ricordando il “Bicentenario della repressione” e protestando per la situazione nella regione di Arucania, dove da anni è in atto un battaglia legale e civile da parte dei nativi che chiedono il riconoscimento dei diritti su vaste aree che sono state date in concessione a imprese agricole o del legname. La situazione si è fatta più tesa dallo scorso mese di agosto quando un giovane è morto dopo essere stato colpito da una pallottola alla schiena nel corso di una manifestazione.

Il 12 ottobre da alcuni anni è diventato, in America Latina, il giorno delle proteste dei contadini indigeni che, coscienti dell’eco internazionale che le celebrazioni per la scoperta dell’America risvegliano in tutto il mondo, cercando i “usare” i riflettori accesi per l’occasione come un’opportunità per far conoscere all’opinione pubblica le proprie problematiche. La questione dei popoli originari però non è solo un problema “interno” o locale, ma una realtà politica di cui quasi tutti i Paesi della regione devono tenere conto, soprattutto quelli in cui, come Bolivia ed Ecuador, i capi di Stato hanno cavalcato le rivendicazioni indigene per ottenere il successo politico.

martedì 13 ottobre 2009

Guatemala: paura per due comunità native sgomberate

Il 2 settembre 2009, 80 membri di due comunità rurali native sono state sgomberate dalle loro abitazioni con un'azione di forza da parte della polizia. Le due comunità, "Bella Flor" e "8 di Agosto", si trovano entrambe nel municipio di Panzós, nel dipartimento di Alta Verapaz. Le loro case sono state abbattute dalla polizia e tutte le loro proprietà distrutte. Le autorità non hanno fornito loro nessun riparo alternativo.

Alcuni abitanti di "Bella Flor" hanno trovato rifugio in alcune case libere presenti nei paraggi. In occasione dello sgombero della comunità di "Bella Flor", la polizia ha dato 15 minuti di tempo agli abitanti affinché portassero via le loro cose, prima di dare alle fiamme le abitazioni. Testimoni riferiscono che la polizia ha distrutto anche gran parte del raccolto. I membri della comunità hanno fatto richiesta alle autorità di poter tornare per recuperare quel che restava del raccolto.

Lo sgombero della comunità "8 di Agosto" è avvenuto con 20 minuti di preavviso. Durante l'operazione tre poliziotti avrebbero tentato di stuprare una ragazza di 15 anni. La comunità "8 di Agosto", dopo lo sgombero, ha vissuto all'aperto lungo i bordi di una strada e poi è tornata a rioccupare le terre dalle quali era stata allontanata. I membri della comunità, dopo essere stati tre settimane all'addiaccio ai bordi di una strada, sono tornati a rioccupare le terre dalle quali erano stati sgomberati.

Entrambe le comunità vivono in quest'area dal 2007. Ci sono stati sforzi in passato per risolvere la questione della proprietà della terra, ma senza successo. La terra sulla quale la comunità "8 di Agosto" aveva costruito le proprie case è presumibilmente proprietà dello stato, mentre quella della comunità "Bella Flor" è presumibilmente proprietà di un privato. La comunità "Bella Flor" ha richiesto alle autorità il permesso di ritornare alla sua terra per raccogliere il raccolto. I membri della comunità "8 di Agosto" sono di nuovo a rischio di sgombero forzato per la seconda volta dopo il loro ritorno.

Il Guatemala ha ratificato nel 1988 il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali e per tanto è sottoposto alla verifica dell'applicazione di questo da parte di un comitato delle Nazioni Unite.
Tale comitato ha stabilito che gli sgomberi vanno fatti rispettando alcune norme tese a garantire i diritti fondamentali degli sfrattati, tra i quali quello ad un alloggio adeguato e all'assistenza legale in caso di controversia con i proprietari terrieri.

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sabato 3 ottobre 2009

GreenPeace, multinazionali spagnole alla conquista del continente americano


Non usa mezzi termini GreenPeace nell'ultima informativa pubblicata: le multinazionali spagnole impegnate in America Latina sono colpevoli di aver depredato l'ambiente. Nonostante l'apparente immagine trasparente che vogliono far credere di avere all'interno dei propri confini nazionali.
Infatti, è proprio fuori dall'Europa, soprattutto in America Latina, che le multinazionali spagnole danno il peggio.
Molti i settori presi in considerazione nelle quasi 110 pagine dell'informativa titolata: Los nuevos conquistadores. Multinacionales españolas en America Latina. Si passa dai danni causati dall'industria petrolifera a quella alberghiera passando per le più che importanti aziende di carbone. E proprio su questo tema si sofferma il rapporto. Secondo quanto dichiarato da GreenPeace, infatti, Union Fenosa e Iberdrola, due importanti aziende iberiche, sarebbero in procinto di ampliare i loro progetti di estrazione di carbone in Guatemala, rischiando di causare danni ambientali difficilmente riparabili.
Ma sono progetti che riguardano solo una determinata area, quella dei paesi cosiddetti poveri del centro e sud america. Sì, perchè nei progetti riguardanti paesi del vecchio continente le stesse aziende mettono in primo piano strategie di relative a fonti di energia rinnovabile.
Pagine fitte di dati e informazioni sulle attività delle multinazionali che stanno mettendo in serio pericolo l'ambiente dell'intero continente americano.
Il portavoce di GreenPeace, Mario Rodriguez, però, tiene a sottolineare che le multinazionali spagnole non hanno progetti più dannosi rispetto a altre di altre nazionalità. E cita due delle maggior multinazionali al mondo del settore petrolifero: Shell e Exxon ritenendo che "le attività di queste aziende non siano differenti da quelle di Repsol".
Un altro settore da tenere in considerazione secondo GreenPeace è quello dell'industria turistica. Chilometri di costa, soprattutto nei paesi dove il turismo è ancora una voce importante del Pil, come il Messico, distrutti e dati in pasto a colate di cemento. Foreste di mangrovie necessarie alla sopravvivenza dell'ambiente rase al suolo. Specie animali che corrono il serio pericolo di estinguersi. E tutto in nome del dio profitto. "Senza nemmeno restituire parte dei proventi alle comunità locali" dice Rodriguez che aggiunge: "Le imprese spagnole hanno distrutto prima le coste spagnole e adesso cercano di portare lo stesso modello anche in questa parte del mondo. E non ci viene nemmeno raccontato cosa stanno facendo lungo la Riviera Maya" zona molto frequentata dal turismo internazionale. Su tutti spicca il clamoroso caso di un hotel costruito nei pressi della famosa località turistica Cancun: il resort è sorto dopo aver completamente distrutto l'habitat della zona che comprendeva una vasta distesa di mangrovie e di animali. Da qui la decisione di GreenPeace di chiedere al governo di Madrid di non difendere le compagnie che hanno compiuto stragi ambientali.
Vane le scuse della compagnia, che ha edificato l'hotel, che da sempre ha sostenuto di aver costruito su un territorio già devastato da cicloni tropicali.
In ogni caso non è stata solo GreenPeace a puntare il dito contro le opere delle grandi multinazionali. Anche l'organizzazione non governativa Paz con Dignidad dopo un accurato studio ha reso noti dati molto interessanti. Pare infatti che le multinazionali spagnole investano solo l'1,2 percento dei loro guadagni in responsabilità sociale a scapito di un aumento dei guadagni che dal 2004 ha raggiunto il 156 percento.
Insomma, sembra che le multinazionali poco si preoccupino dei danni che causano e si comportino nello stesso modo dei conquistadores che misero in ginocchio l'intero continente secoli fa.

mercoledì 23 settembre 2009

GUATEMALA NUNCA MAS

La morte differente


di Alessandro Di Battista

Santa Rita - Municipio La Libertad - Peten, Guatemala.

Si stima* che il conflitto armato in Guatemala (1961 - 1996) abbia prodotto 200.000 vittime innocenti. 45.000 è, ancora oggi, il numero delle bare vuote, silenziose, ma urlanti di giustizia. 430 sono i villaggi rasi al suolo e che ora non compaiono più nelle mappe del Paese.
L'esercito e le Pattuglie di autodifesa Civile (PAC) si sono macchiati di oltre 600 massacri, il più delle volte, a danno delle popolazioni indigene. Dovunque vada in Guatemala conosco persone che mi parlano degli anni della guerra e di qualche parente desaparecido. "Mio fratello non aveva nulla a che fare con i guerriglieri, ma sono arrivati gli squadroni e se lo son portato via". "Io sono riuscita a fuggire, ma prima ho visto sparare in testa a mia mamma e a mio papà". "Hanno ucciso mio cugino perché dicevano che aveva troppi polli. Secondo l'esercito li avrebbe regalati ai rivoluzionari".

L'odore della morte, da Hernan Cortez in avanti, si respira quotidianamente nelle terre maya. Sarà per questo, sarà perché si continua a morire di malattie diventate banali nel nord del mondo, o sarà per specifiche ragioni culturali, ma si parla e si affronta la morte in modo completamente differente rispetto a quanto capita di fare a noi. Donna Julia è morta la settimana scorsa, il diabete l'ha portata via abbastanza giovane. Julia è la mamma di Guaio, un mio buon amico che vive a Nuevo Horizonte, la comunità con cui sto lavorando seguendo un progetto di istruzione alternativa.

Ero stato a visitare Donna Julia appena arrivato in Guatemala. Una domenica mattina, stretti in un camion come bestiame mandato al macello, siamo partiti per andare a giocare a calcio a la Libertad. Tornando, ci siamo fermati a Santa Rita e abbiamo fatto visita alla signora malata. Casa sua era un'esplosione di confusione. Ricordo la sua stanza. Lei era distesa su un letto e rifiutava una minestra. Sull'altro letto dodici ragazzini ridevano e strillavano mentre nel salottino una ventina di parenti bevevano caffè. Mi ha stupito quell'atmosfera, a me così estranea. La morte non è mai una festa; in qualunque momento e per qualunque persona arrivi porta con sé dolore e lacrime.

Ciononostante ci sono infiniti modi per affrontarla. De Andrè dice che "quando si muore si muore soli", forse è così, ma forse no. Donna Julia mi è sembrata molto sofferente, ma non mi è sembrata sola, e chissà che le urla e le risate dei nipoti, a volte esagerate, non le abbiano addolcito il trapasso. Mentre la donnina, mangiata dalla malattia, tossiva, e ogni colpo di tosse sembrava avvicinarne la fine, un paio di minuscoli bambini giocavano a biglie sul suo letto sfruttando le sue esili gambe come parte della pista. Cosa pensava Donna Julia? Non lo so. So che se fosse stata mia zia, nessun mio parente mi avrebbe concesso quel gioco. Mi avrebbero rimproverato chiedendomi maggior rispetto e dicendomi che non sapevo cosa fosse la morte. Eppure anche da adulti non lo sappiamo affatto. L'ho chiesto a due bambini di Horizonte. Con la ricchezza della loro semplicità mi hanno spiegato perfettamente cosa essa sia. "Muori, ti mettono in una cassa di legno, poi arriva tanta gente a vederti e i tuoi parenti danno pane dolce e caffè per tutta la notte. Poi ti mettono sotto terra e dopo nove giorni ritornano a casa dove sei morto e mangiano e bevono". Io, dopo averci pensato a lungo, non saprei dare definizione migliore della morte in Guatemala.

Ho partecipato alla veglia funebre di Dona Julia. L'atmosfera era ancora più composita. Dalle 10 di sera alla 4 del mattino sono passati di fronte alla bara uomini ubriachi di birra e rum, bambini con pallone, polli, cani, donne che continuavano a servire caffè. Appena fuori dalla casa i più grandi giocavano con carte francesi a un gioco simile alla scala 40. Al termine della partita c'era chi ringraziava la defunta per la vincita appena consumata. Mi ha sconvolto la naturalezza dello spettacolo. La morte è tragica, ma lo è anche la natura.

Dalle nostre parti non facciamo altro che allontanare dalle menti, a volte con violenza, l'idea che siamo esseri limitati e che, presto o tardi, ci sarà per noi una fine. I mezzi di comunicazione trattano i decessi con un pathos esagerato e a volte fuori luogo che influisce nel farceli percepire avulsi alla nostra realtà. Forse perché pensare alla nostra morte ci permetterebbe di dare un valore più equilibrato alle cose e al senso del possesso. E questo è pericoloso. Perché impiegare la maggior parte del tempo a nostra disposizione nell'accumulazione se tanto siamo destinati a perdere tutto? La morte, funerali esclusi, non è produttiva per il sistema in cui viviamo. Meglio sbatterla fuori dalla porta, "ci penserò quando sarà tempo". Eppure questo meccanismo non fa i nostri interessi. In apparenza ci fa vivere più sereni ma ci trasforma in esseri altamente impreparati all'unica certezza della nostra esistenza. Ed è per questo che la perdita di un caro rappresenta un dolore a volte inaccettabile. C'è chi non trova più la forza per vivere se perde un figlio.

Ciò non avviene in Guatemala. Per questo fermarsi, prendersi il giusto tempo, superare con coraggio quel primo senso di angoscia che proviamo nell'imbatterci nell'ignoto con il pensiero, potrebbe essere un buon esercizio, non tanto per comprendere, ma quantomeno per accettare l'ineluttabile. E allora si che potremo dedicarci a tutto quel pacchetto di scoperte e azioni capaci di esorcizzare una tragedia pendente. In Guatemala sono all'ordine del giorno. Risate, ubriacature moleste, pentole di caffè, sigari da lasciare sulle tombe, antichi riti maya mischiati con Ave Maria durante i quali sacrificare polli ai defunti. La morte in Guatemala fa parte della natura. Per questo una mamma mi ha chiesto di prendere in braccio uno alla volta i suoi cinque figli per fargli vedere, nella bara ancora aperta, Donna Julia morta. La morte in Guatemala è parte della vita. Meglio prenderne atto e provare a ingentilirla. Meglio dipingere il cimitero di colori sgargianti che renderlo un posto ancora più triste di quello che già è per la sua funzione. Meglio la confusione a casa di Donna Julia che il rispetto silenzioso. La straordinaria bellezza del cimitero di Chichicastenango, nella regione del Quichè, è un esempio di tale differente approccio. Un trionfo di colori e architetture che alleviano le sofferenze dei vivi e allietano la permanenza dei morti. Un cimitero che a guardarlo bene, ti fa venire quasi voglia di morire.

venerdì 18 settembre 2009

Guatemala, Nunca mas


Il vento soffia sul lago Atitlàn. Tiepido e profumato mentre la barca scivola sull’acqua azzurra. Fragranza di muschio e raggi di ambra dorata dell’alba. E’ l’aria del Guatemala. Respiro l’atmosfera, ascolto il silenzio, guardo le perle della scia. Stormi di uccelli ammarano a piccoli passi fino a dondolarsi sull’onda.

Il paese dell’eterna primavera sui campi di mais, lungo i fiumi, giù per le cascate. Su nell’altopiano. “Patria dei perfetti mari… più salmastri oggi per i tuoi dolori. Patria delle perfette messi… giubilo del popolo, gente con cui ora nel dolore cresci… Il mio paese”. Afflato di parole e lacrime di Asturias, poeta guatemalteco.

Intorno allo specchio blu del lago, a 1500 metri di quota, sagome altere di vulcani spenti. Il verde intenso delle colline e sulle sponde i colori sgargianti delle gonne di giovani donne. Biancore degli ibis intrecciati agli alberi. Un cormorano si tuffa come un ago e riemerge col suo cibo. Poi galleggia, fiero.

Il mercato di Panajacel prende vita. Basse case, vicoli in pietra, verande fiorite. Scorci d’incanto e profumo di tortillas. Bancarelle ricche di fantasia e immaginazione. Toni su toni. Arcobaleni di colori dal rosso sangue al blu cobalto. Arancio, verde, viola. Frutta, boschi e tramonti. Riflessi del lago dei maya Kaqchiquel e Tz’ utujil.

La strada sale ripida zigzagando sulla montagna che si addolcisce come i sentimenti quieti di un ricordo, di uno sguardo. Di una carezza di vento che sfiora il volto distratto da un pensiero di bimbi che giocano nelle piazze. Tra tele, coperte, pane, dolci e maialini sotto lo sguardo attento di madri indaffarate nel tessere e vendere in un turbine chiassoso e vivace.

Bellezza disarmante di un panorama su ampie vallate. Aria sottile. Netta e chiara definisce i contorni, le curve femmine dei dossi. In alto il cielo si copre di un velo fino a gonfiarsi ed esplodere in pioggia affilata, silenziosa, impercettibile. Poi tutto diventa polvere.

Oltre la montagna, la regione del Quichè. Ultimo rifugio dei guerriglieri. Molti i posti di blocco e affiora un forte senso di disagio. Viaggiatori in terra martoriata da rivolte e repressioni dei campesinos. Dove la violenza è da sempre sovrana. Razzismo e misoginia non ancora sconfitte. Il pensiero va a Rigoberta Menchú e alle sue parole “ il Guatemala dovrà prepararsi a essere governato da una donna indigena”.

Armati fino ai denti, i militari controllano passaporti. C’è chi appoggia una bomba a mano in terra mentre fruga tra i cenci negli zaini. Poi la porge in segno di sfida. Sono giovani , sono le “tigri” del corpo antiguerriglia e sanno tutto sul “calcio italiano”. No gringos, no periodistas. Mi si gela il sangue. Ma sono italiana e conosco i nomi degli “azzurri”. Un lasciapassare valido in tutto il mondo.

La pista scende, poi sale. Si aggrappa, si stringe è irrequieta come i pensieri. Ora liquidi, bagnati da visioni di violenza, quando l’uragano del terrore passava nei villaggi, oltre alle macerie e ai corpi straziati e lasciava dietro di sé un popolo triste. E’ l’angoscia del crepuscolo delle idee.

L’aria è fresca a 2000 metri di quota. Chichicastenango si sveglia. E’ giorno di mercato. Aspetto l’alba sulle scalinate della chiesa di Santo Tomàs. Ho girovagato insonne per le stradine nel silenzio della notte interrotto dal rumore di quei pensieri, dal battito del cuore e dal pianto di qualche bimbo nelle piccole case.

Arrivano i carretti radenti ai muri delle case, in fila, uno dietro l’altro. Sono solo ombre. Cantano i galli col suono di un flauto. Lieve, delicato, angelico. Annuso profumo d’incenso. Il sole sbatte sul grande portone della chiesa e sui gradini si ammucchiano mazzi di gladioli rosa.

Il contorno delle cose si colora di fucsia, nero, giallo. Dovunque, nelle gonne, nelle giubbe. Sulle fusciacche che reggono i bambini sulla schiena delle madri. Occhi assonnati, visetti tondi, capelli di pulcini nerissimi, labbra imbronciate sbucano da quella tela che li unisce alla vita.

Suoni di tamburi, chitarre e marimbe. Intanto la piazza si riempie di maschere di madera intagliate a mano, frutta, verdura. Stoffe, montagne di gomitoli di lana colorata e centinaia di candele. Ti accorgi che qualcosa non va, stona. Non fa parte di quel dipinto. Non rientra nella cerimonia.

Capelli biondi. Arruffati. Che turbano le nere e lucide trecce. Pelle bianca, “Lacoste”, pantaloncini corti, scarpe da tennis.
Eccoli. Sono i turisti, puliti in fila serrata e li distingui dai viaggiatori, solitari coi sandali del Quichè e i pantaloni del Nepal. Scena dentro la scena. Quadro dentro il quadro. Matrioska di gente, rumori, suoni e colori. Volti su volti. Maschere.

La cera delle candele si scioglie sul pavimento della chiesa affollata. Voti. Suppliche per la semina, per la figlia malata. «Señor San Augustin, Señor San Esteban, Señor Santo Tomás… ayuda nosotros siempre…». Dolce babele di suoni, di note, di grida quasi strozzate. Volti umili segnati dal vento e dal sole. Fierezza antica. Si prega, si canta, si balla tra i fumi d’incenso. Fuori in processione, la Madonna mentre si contratta per una panca colorata. Si parla del tempo in dialetti diversi. Uno dentro l’altro. Vivaci e ciarlieri gli Indios discendenti dagli antichi Maya.

Oggi non si pensa ai morti assassinati lasciati ai bordi delle strade. Ai campesinos torturati. Alle croci innalzate lungo la strada protette dal verde quasi fosse un cimitero di campagna mitigando la crudeltà del loro messaggio. E’ giorno di festa. Domani qualche poeta canterà di vita e di morte. E ognuno porterà la sua maschera nel silenzio assassino.

martedì 15 settembre 2009

Carestia in Guatemala, morti 25 bambini: 54mila famiglie alla fame estrema


In un messaggio diffuso alla nazione per radio e televisione, il presidente Alvaro Colom ha dichiarato lo “stato di calamità pubblica” per l’intero territorio nazionale per affrontare la crisi alimentare provocata da un prolungato periodo di siccità che ha già provocato un numero imprecisato di vittime nel cosiddetto ‘corredor seco’, nella fascia orientale del paese. “Le conseguenze della crisi - riferisce l'agenzia Misna - non colpiranno solo i sette dipartimenti del ‘corredor seco’ ma tutto lo Stato. Questa decisione ci consentirà di avere accesso alle risorse della cooperazione internazionale e di mobilitarne quelle del bilancio nazionale con più agilità” ha detto il presidente rivolgendo un appello “a tutti i settori della vita nazionale affinché contribuiscano ad affrontare questo grave problema e le sue diverse manifestazioni”. Se fino a ieri le vittime accertate per fame risultavano 25, un ‘monitoraggio’ condotto dal ministero della Sanità tra gennaio e luglio pubblicato dalla stampa locale porta oggi il bilancio a 462, tra cui 54 bambini; almeno 54.000 sono le persone in qualche modo colpite e 400.000 potrebbero entro la fine dell’anno subire la stessa sorte, secondo proiezioni ufficiali che hanno portato Colom a parlare di una “tragedia di dimensione storica”. Secondo un recente studio della segreteria per la sicurezza alimentare negli ultimi tre mesi il numero dei comuni a rischio è aumentato del 113% (passando da 1901 a 4059) principalmente a causa della siccità che ha devastato fino al 90% dei raccolti di mais e fagioli, elementi centrali della dieta dei guatemaltechi, in sette dipartimenti tra i più poveri del paese; si calcola che praticamente tutti i guatemaltechi sotto la soglia di povertà – il 50% dei 13,3 milioni di abitanti, prevalentemente indigeni – siano a rischio di insicurezza alimentare. Il Programma Alimentare Mondiale dell’Onu ha cominciato la distribuzione di 20 tonnellate di gallette ad alto valore nutritivo in 164 comunità. (R.P.)

Giustizia

Ogni giorno risulta più chiaro in tutto il mondo che il problema della giustizia non è della giustizia, ma dei giudici. La giustizia è nelle leggi, nei codici, dovrebbe essere quindi facile applicarla. Basterebbe saper leggere, capire quello che c’è scritto, ascoltare in maniera distaccata le arringhe dell’accusa e dell’accusato, i testimoni, se ce ne dovessero essere, e alla fine, con coscienza, giudicare. La corruzione ha mille facce e la peggiore è forse, in qualsiasi caso, la natura della relazione tra chi giudica e chi viene giudicato. Un caso tipico di perversione giudiziaria è accaduto recentemente in Guatemala dove l’editore Raúl Figueroa Sarti della casa F&G Editori è stato condannato a un anno di prigione commutabili con 25 quetzal al giorno e al pagamento di una multa di cinquanta mila quetzal, più le spese processuali. Quale crimine ha commesso Raúl Figueroa? Ha pubblicato, su richiesta, e con l’approvazione del rispettivo autore, Mardo Arturo Escobar, una fotografia che è stata poi inserita in un libro della F&G. Di questo libro sono state consegnati all’attuale accusatore alcuni esemplari. Ai giudici non è importato nulla che lo stesso Mardo Escobar avesse riconosciuto di aver consegnato volontariamente la fotografia a Raúl Figueroa, a cui ha dato l’autorizzazione verbale per utilizzarla in una pubblicazione. Quello che gli è importato, invece, è che l’accusatore fosse un suo collega: Mardo Arturo Escobar lavora al Quarto Giudizio della Sentenza Penale, è, quindi, compagno di lavoro di giudici, ufficiali e magistrati…
Ma questo caso non è un semplice episodio di bassa corruzione. La persecuzione di cui, da due anni, è stata oggetto la F&G Editori, si inquadra in una situazione repressiva che si sta vivendo in Guatemala, dove il potere ufficiale ha cominciato a perseguire e tentare di zittire le voci discordanti, queste che, senza desistere, continuano a denunciare le violazioni dei Diritti Umani nel paese. Da quello che si è visto, sembra corretto il vecchio gioco di parole tra Guatemala e Guatepeggio. Dai cittadini guatemaltechi ci si aspetta che l’innocente gioco non si trasformi in realtà.

sabato 13 giugno 2009

Guatemala: Impunità, corruzione e mafia

Lo Stato Guatemalteco si basa sul funzionamento e la diffusione del modello neoliberale,sull'impunità, la corruzione e le mafie. Dichiarazione delle Organizzazioni indigene e campesine. " La reazione governativa e dei partiti di opposizione di destra, generate dall'assassinio dell'avvocato Rosemberg, stanno deviando l'attenzione dalla problematica fondamentale: l'esistenza di uno Stato marcio e pervaso da impunità, corruzione e mafie, oltre che da impoverimento, perdita di impieghi, militarizzazione, e segnato dalla cattura di 4 leader sociali di San Juan Sacatepéquez e di Ramiro Choc, trasformati in prigionieri politici dell'attuale regime; la repressione e gli stati d'eccezione contro le richieste popolari, ed ora la crisi della sanità, per menzionare alcuni dei più urgenti problemi. La crisi che attraversiamo è frutto della diffusione e del radicoamento del modello neoliberale che tanto gli anteriori come questo governo hanno spinto".

In Guatemala esistono una serie di fatti che mettono allo scoperto gli interessi particolari e di gruppo, che riguardano funzionari dei cosiddetti poteri esecutivo, legislativo e giudiziario, impresari e narcotrafficanti o membri del crimine organizzato. Nella pratica non c'è istituzione statale che non sia penetrata da questi oscuri interessi.

I membri dei Popoli Indigeni, le organizzazioni contadine e sociali, sotto firmatari consideriamo che la situazione che attualmente si vive è frutto di una disputa tra gruppi dominanti, ognuno dei quali cerca di mobilitare le cittadine ed i cittadini in suo appoggio senza informare con responsabilità e trasparenza, e contemporaneamente occultando la natura dell'attuale crisi economica, politica, sociale. La situazione che ora si vive mette in evidenza diversi interessi e manipolazioni dei gruppi di potere, sia fuori che dentro il governo, che vogliono capitalizzare la situazione per proprio beneficio, presentandola come una domanda di ampi settori della popolazione e generando instabilità politica.

Funzionari ed impresari corrotti, membri delle mafie agiscono violando la legge, ed i responsabili di legiferare, prendere provvedimenti esecutivi o applicare la legge ignorano questi fatti o agiscono con esagerata lentezza, poiché non esiste la volontà per affrontare di petto il cancro dell'impunità e della corruzione che consuma il Guatemala; nel frattempo quando il popolo, in difesa delle sue richieste legittime, si organizza per esigere il rispetto dei suoi diritti, è schiacciato brutalmente dal peso della repressione. Basta ricordare, per esempio, l'intromissione di 2000 poliziotti e soldati, l'anno scorso, per catturare 25 leader comunitari di San Juan Sacatepéquez, il cui delitto consiste nel difendere il loro territorio.

Il problema di fondo è che il crimine organizzato, la disputa dei fondi del bilancio nazionale, come l'adesione alle misure neoliberali e di consegna delle risorse naturali alle multinazionali, si muovono a piede libero sulle fondamenta della corruzione, delle dispute mafiose e dell'impunità. Questa situazione è frutto della considerazione che i gruppi di potere hanno delle istituzioni dello Stato, viste come un bottino da accaparrarsi; in questo contesto non è strano che si verifichino una serie di fatti criminali e che, quando si vogliono prendere provvedimenti come la legge di accesso all'informazione o la legge sulla trasparenza dell'elezione dei magistrati, i partiti politici e gli organismi dello Stato manifestino l'accordo, ma nella pratica blocchino le misure che portano ad un maggiore controllo e partecipazione da parte della cittadinanza.

Richiamiamo i Popoli Indigeni, le organizzazioni popolari e sociali ad esercitare insistenti pressioni perché abbiano fine l'impunità e la corruzione, poiché sono queste a permettere alle mafie di agire a proprio piacimento. Una di queste misure deve essere la trasformazione radicale degli organi giudiziari e del Pubblico Ministero, che si sono convertiti in strumenti d'impunità e di violazione dei diritti invece di proteggere la legge.

Per l'ennesima volta, noi popoli ed organizzazioni indigene e contadine riaffermiamo la necessità della completa rifondazione dello Stato attuale, e chiediamo di lasciare spazio alla costruzione collettiva di un Stato Plurinazionale, con pieno rispetto della cosmovisione e del territorio dei Popoli Indigeni, basati sul Buen Vivir, unica alternativa per uscire dalla crisi attuale ed unica risposta di fronte alla depredazione delle ricchezze di Madre Natura, da parte delle imprese nazionali e straniere.

Appoggiamo le azioni della Commissione Internazionale Contro l'Impunità in Guatemala-CICIG; i fatti recenti hanno dimostrato abbondantemente la necessità dell'esistenza di questa commissione; per questo sollecitiamo alla comunità internazionale il suo totale appoggio, affinché si evidenzino e sradichino i corpi illegali e gli apparati clandestini che mantengono il Guatemala nella corruzione, nell'impunità e nell'inquietudine.

Chiediamo a tutte le istituzioni dello Stato di rendere trasparenti i propri atti, compiendo così all'obbligo di trasmettere e diffondere l'informazione alla società guatemalteca; egualmente incoraggiamo le cittadine ed i cittadini a promuovere o ad esigere la messa in funzione dei meccanismi per avere una maggiore partecipazione ed un maggior controllo sulle istituzioni governative.

venerdì 5 giugno 2009

Gli archeologi: forse fu l'esaurimento di risorse a causare la decadenza dell'impero


Potrebbe essere stato l'esaurimento delle risorse naturali, e non la comparsa di malattie e guerre, la principale causa del collasso della civiltà Maya. Lo sostiene uno studio guidato da David Lentz, un paleoetnobotanico dall'universita' di Cincinnati e pubblicato sulla rivista Journal of Archaeological Science. Lo scienziato ha studiato i resti di travi e architravi in legno presenti in sei templi Maya a Tikal in Guatemala e ha scoperto che i costruttori dei templi cambiarono tipo di legno poche decadi prima che i Maya abbandonassero la citta', nel nono secolo dopo Cristo. Da un legno piu' duro e adatto a costruire travi e a essere scolpito, come quello proveniente dall'albero della sapodilla usato per i templi costruiti prima del 741 dopo Cristo, i Maya passarono al legno dell'albero chiamato campeggio, Haematoxylum campechianum, una pianta della famiglia delle leguminose piu' piccola della prima, che produce legno nodoso e poco adatto all'uso che ne e' stato fatto. Un legno 'di qualita' nettamente inferiore' ha osservato Lentz, secondo cui questa sostituzione e' la principale prova di un esaurimento delle risorse naturali che potrebbe essere anche la causa del declino dei Maya. Del resto anche altri popoli sono scomparsi per la stessa ragione, come gli antichi abitanti dell'isola di Pasqua autori dei moai, le grandi sculture in pietra che caratterizzano l'isola. Precedenti studi sui pollini avevano suggerito che la deforestazione e l'erosione del suolo subirono un incremento poco prima del collasso della civilta' Maya. Ma, spiega lo studioso, il legname da costruzione dei templi di Tikal mostra per la prima volta come il sovra-sfruttamento delle risorse abbia inciso sulla civilta' Maya.

LA CIVILTA' DEI MAYA

I Maya, una civilta' ancora oggi avvolta nel fascino e nel mistero. La civilta' Maya ha origini antichissime: i primi insediamenti si possono attribuire al 1500 a.C., ma e' solo nel 300 a.C. che le prime vere e proprie città si cominceranno a sviluppare. L'impero Maya era localizzato negli attuali territori del Veracruz, Yucatan, Campeche, Tabasco e Chiapas in Messico;

nel Guatemala e nell'Honduras.

Il periodo classico, compreso tra il 300 a.C. e il 900 d.C., è caratterizzato dalla diffusione in tutti i territori Maya di una cultura pressochè uniforme. In questo periodo la storia Maya presenta il suo sviluppo piu' massiccio nell'organizzazione culturale, politica, tecnologica, culminando in uno scenario dove ogni citta' era un piccolo stato che aveva contatti con le medesime solo per scambi commerciali. Intorno al 900 d.C., questi centri vennero misteriosamente abbandonati (le ipotesi spaziano da carestie ad eventi naturali). Parte della popolazione si spostò nello Yucatan e qui ebbe il suo centro la civilta' Maya del periodo seguente.
L'apice del popolo Maya fu intorno al 1000 d.C., ma problemi interni e guerre fra le varie citta' ne provocarono la decadenza. L'agricoltura era alla base dell'economia Maya; il mais ne era il prodotto principale, seguito da cotone, fagioli, cacao e zucche. Una caratteristica di questo popolo, che ne caratterizza l'elevato grado di conoscenze tecniche, e' rappresentato dalla vasta rete idrica. Questa era costituita da piccolissimi canali che convogliavano in grandi cisterne adibite alla raccolta dell'acqua per l'uso quotidiano e per l'irrigazione dei campi.
Le tecniche di tessitura del cotone e di produzione della ceramica erano avanzate. Come unita' di scambio venivano utilizzati campanelli di rame e chicchi di caffe'; il rame inoltre era lavorato insieme a oro, argento, conchiglie e piume colorate, per produrre ornamenti. Il re rappresentava il fulcro della vita delle citta'-stato, ed in questo compito era assistito da capi locali che distribuivano le terre alle famiglie dei villaggi. Ma con il tempo il re, l'unica entita' in grado di tenere unita tutta la popolazione, perse di credibilita'. La popolazione lentamente abbandono' i grandi centri urbani e tutte le attivita' commerciali persero la loro importanza. Le rovine di numerosi centri costruiti per le cerimonie religiose mostrano l'abilita' dei Maya nel campo dell'architettura.

Questi centri comprendevano di solito vari basamenti piramidali, spesso sormontati da templi o altri edifici. Le piramidi, generalmente di terra e pietrisco, erano rivestite da blocchi di pietra e vi si accedeva tramite ripide scale, poste su uno o piu' lati. Le abitazioni comuni erano probabilmente simili alle capanne in mattoni e frasche in cui abitano ancora oggi i discendenti dei Maya. I Maya elaborarono un metodo di scrittura geroglifica e registrarono la storia, la mitologia e i riti, in iscrizioni scolpite e dipinte su lastre di pietra o colonne, architravi, scalinate o altri monumenti. Venivano inoltre scritti libri di carta ripiegata ottenuta dalle fibre di agave, contenenti informazioni di agricoltura, clima, medicina, caccia e astronomia.
E' assai noto il CALENDARIO MAYA, molto complesso ed il piu' accurato fra quelli conosciuti prima del calendario gregoriano.L'anno iniziava il 16 luglio, quando il sole attraversava lo zenit, durava 365 giorni ed era suddiviso in 28 settimane di 13 giorni ciascuna. I Maya, essendo politeisti, veneravano un gran numero di divinita' della natura. Benche' i Maya fossero un popolo pacifico per quel che riguarda i rapporti con le altre popolazioni, erano comuni i sacrifici umani e i riti sanguinolenti che si facevano in onore del Serpente Piumato, considerato il PROGENITORE DELLA STIRPE. Secondo le credenze Maya infatti, solo con il dolore ed il sacrificio si potevano espiare i peccati commessi.Tutta la citta' partecipava attivamente ai riti sacrificali; anche il re era oggetto di riti propiziatori attraverso salassi di sangue. Si procurava volontariamente delle ferite, si raccoglieva il sangue e lo si bruciava in nome degli dei. La definitiva crisi, che decreto' il declino irreversibile dei Maya, e' da ricercare in vari fattori come il ripresentarsi di catastrofi naturali, pestilenze, uragani e di conseguenza raccolti andati perduti, che portano carestie e continue guerre con le citta' o popoli confinanti.

A questo punto i Maya furono lentamente assoggettati dagli Aztechi. Gli spagnoli, giunti nel XVI secolo, rovesciarono con facilita' i gruppi Maya, indeboliti dalle guerre interne e colpiti da devastanti epidemie di cui erano portatori gli stessi conquistadores. Gli spagnoli introdussero nei nuovi territori i principi del diritto romano, dell'amministrazione e della giustizia, sviluppando un sistema coloniale estremamente burocratico e imponendo agli indigeni la lingua, la cultura e le istituzioni spagnole. La Chiesa cattolica convertì al cattolicesimo le popolazioni locali. Durante il periodo della colonizzazione si distrusse completamente l'identità di questo popolo: ebbe inizio lo sfruttamento massiccio delle risorse e la continua soppressione della popolazione originaria. Gli indigeni durante tutti i secoli della colonizzazione, non contenti di vivere sfruttati e maltrattati, cercarono continuamente di ribellarsi, ma ogni tentativo risultò inutile.

giovedì 28 maggio 2009

“A tutto caffè. Imprese, commercio e diritti”

Alla luce della recente crisi dei prezzi dei prodotti alimentari a cui si è sovrapposta la crisi economico-finanziaria mondiale, ActionAid organizza il seminario «A tutto caffè. Imprese, commercio e diritti» con l’obiettivo di fare il punto sulle condizioni economico-sociali dei contadini e dei braccianti lungo la filiera del caffè e sulle risposte degli operatori del settore (profit e non profit). L’obiettivo è quello di dare un contributo a riaccendere i riflettori sulle problematiche del settore e stimolare una seria riflessione sulla tracciabilità, trasparenza ed eticità di questo prodotto.

“A tutto caffè. Imprese, commercio e diritti”

Actionaid presenterà il rapporto «Caffè Amaro», che denuncia le condizioni di vita e di lavoro dei contadini del Guatemala, e le azioni promosse dall’organizzazione nel contesto della campagna HungerFREE per promuovere maggiore trasparenza, tracciabilità ed eticità lungo la filiera del caffè.

«Il caffè non è solo la bevanda più bevuta al mondo, ma è anche un prodotto fondamentale per la sopravvivenza di oltre 125 milioni di persone in tutto il mondo. Dopo la crisi del caffè tra il 2001 e il 2004, e l’apparente risalita dei prezzi internazionali, l’attenzione internazionale sulle problematiche legate alla sua produzione e alla sua commercializzazione è diminuita. I problemi legati allo sfruttamento dei piccoli contadini e braccianti impiegati nel settore permangono invece più attuali che mai. Nel nostro paese il caffè è un simbolo di eccellenza nazionale, ma i dati dimostrano che imprese e consumatori sono ancora poco sensibili alle questioni etiche relative alla sua filiera. Molta strada resta ancora da fare per garantire una maggiore sostenibilità del prodotto finale». Dichiara Marco De Ponte, segretario generale di Actionaid.

Caffè River e UCODEP prenderanno parte al seminario «A tutto caffè. Imprese, commercio e diritti» con una presentazione dedicata a Caffè Jamao.

Caffè Jamao è il risultato di un progetto mirato a promuovere migliori condizioni di vita degli agricoltori della provincia Hermanas Mirabal, nel nord della Repubblica Dominicana, attraverso la rivitalizzazione della loro produzione caffeicola. Caffè Jamao è certificato da FLO e da Suolo e Salute. La presentazione ha lo scopo di mostrare come è nata e si sia potuta sviluppare la collaborazione tra un'azienda ed una ONG, quali sono state le reciproche difficoltà, i successi e gli insuccessi, e quali lezioni si sono apprese che potranno essere utili per chi voglia affrontare simili esperienze.

Il seminario vedrà inoltre la partecipazione di imprese, associazioni ed esperti operanti nel mondo del caffè, come Fairtrade Italia, ICEA, CTM AltroMercato, nonché esponenti del mondo politico locale.

Il video shock su YouTube registrato dalla vittima di un assassinio scatena la protesta in Guatemala.

Il Guatemala sta vivendo giorni di forte tensione, di instabilità politica e di vivace protesta.
A provocare tutto ciò è stato il Web 2.0.

Youtube, Twitter, Facebook, Ustream, tutte parole improvvisamente finite all’ordine del giorno per una popolazione che sembra essersi stufata definitivamente di un’amministrazione corrotta e di una stampa quasi completamente imbavagliata.

Ad accendere la miccia è stato l’assassinio di un avvocato, Rodrigo Rosenberg...continua

Traffico organi: in rete Dna bambini venduti

Mappare il Dna di cuori, polmoni e reni per combattere il traffico internazionale di organi. Si chiama DNA-Prokids (www.dna-prokids.org) ed è un progetto appena presentato dall`Università di Granada (Spagna) che prevede l`identificazione del patrimonio genetico delle vittime e dei loro parenti. Secondo i dati dell`Ufficio della Nazioni Unite contro la Droga e il Crimine (UNODC) nel mondo sono circa due milioni le persone che cadono nelle mani dei "trafficanti di organi". Per il segretario dell`Onu, Ban Ki-Moon, dopo quello di armi, droga e diamanti, è giunto il momento di inserire tra le priorità la tratta delle persone. I ricercatori spagnoli vi stanno lavorando gia` dal 2004 collaborando con le autorità di Paesi come Guatemala, Messico, Filippine e Indonesia, nei quali ad essere a rischio per la compravendita di organi sono soprattutto i bambini, spesso abbandonati, rapiti o ceduti in cambio di soldi. Per Josè A. Lorente, che guida il programma dell`università spagnola, gli obiettivi da raggiungere sono ``ostacolare il traffico di essere umani, utilizzare l`identificazione delle vittime per il ricongiungimento familiare, raccogliere informazione sugli itinerari e le modalità del reato che possano aiutare il lavoro delle forze di polizia``

Guatemala: il cardinale Rodolfo Quezada Toruño parla della grave situazione del Paese

Domenica scorsa, alla fine della Santa Messa, l’arcivescovo di Città del Guatemala, cardinale Rodolfo Quezada Toruño, con riferimento al clima di scontro e confronto nonché di violenza in atto nella nazione, ha lanciato un forte appello affinché nessuno “contribuisca, con parole o azioni, ad aumentare la già grave conflittualità sociale del Paese”. Da alcune settimane dopo l’assassinio di Rodrigo Ronserburg Marzano, importante avvocato, le tensioni sociali e politiche sono molto aumentate nel Paese, riflettendosi pesantemente sulla stampa. “Di fronte a questa triste realtà di scontro e polarizzazione”, per il porporato “è naturale chiedersi sull’atteggiamento che devono assumere le persone oneste”. “Questo stato di conflitto, osserva l’arcivescovo, è il risultato d’ingiustizie secolari, dell’emarginazione di grandi settori sociali, dall’esclusione di altri, da comportamenti razzisti e prepotenti. La verità, e che spesso facciamo fatica ad ammettere, è che sopravviviamo in una situazione di disuguaglianze abissali nel campo sociale, culturale ed economico. Mentre una minoranza possiede beni fondamentali in abbondanza, come l’educazione, la cura della salute, l’alloggio e il lavoro”, d’altra parte, “sfortunatamente una grande maggioranza non ha questi beni che Dio stesso ha creato per tutti e non solo come privilegio per coloro che contano”. Il cardinale Quezada Toruño nelle sue riflessioni ha voluto ricordare anche questa situazione di per sé già molto preoccupante si è vista ulteriormente aggravata con nuovi fatti di violenza e con l’impunità. “Quasi tutte le famiglie guatemalteche hanno subìto queste violenze”, ricorda il porporato che aggiunge: “Siamo un Paese di vedove e orfani, angosciato e disperato per la mancanza di sicurezza”. Dopo questa descrizione di una realtà preoccupante il cardinale arcivescovo della capitale del Guatemala chiede che siano “adottate urgentemente misure audaci affinché la maggiore quantità possibile di guatemaltechi abbiano accesso ai beni umani” necessari per la “loro realizzazione come persone dotate di una dignità immensa, a prescindere della propria condizione sociale”. “E’ assolutamente necessario, spiega il porporato, che un tutti i casi di violenza, e non solo gli ultimi, si arrivi alla verità e ciò richiede un’indagine profonda, indipendente, tecnica e imparziale”. Infine, sottolinea il cardinale Quezada Toruño, “raggiunta la verità occorre punire esemplarmente i responsabili dei crimini”. A conclusione delle sue riflessioni sulla situazione del Guatemala, l’arcivescovo ha voluto ricordare le parole di Giovanni Paolo II che rivolgendosi ai guatemaltechi diceva: “Per evitare qualsiasi tipo di estremismo e consolidare la pace autentica, non c’è nulla di meglio che restituire la dignità a coloro che soffrono disprezzo, emarginazione e la miseria”.

Guatemala e Belize sono in allerta tsunami

Un terremoto di magnitudo 7.1 nella scala Richter ha colpito la costa dell'Honduras.
Secondo quanto riferito dal Servizio Geologico degli Stati Uniti, altri paesi vicini come Guatemala e Belize sono in allerta per rischio di tsunami.
Il terremoto si è verificato ad una profondità di dieci chilometri circa e l'epicentro è stato stimato a circa 320 chilometri a nord-ovest di Tegucigalpa, capitale dell'Honduras. Finora a questo momento, fortunatamente, non si segnalano vittime.

lunedì 27 aprile 2009

L’esperto: virus grave, ma siamo ancora in tempo per impedire una pandemia


È allarme presso l’OMS per la diffusione del virus H1N1 che solitamente colpisce i suini. Migliaia i casi segnalati in Messico dove i morti sono già una settantina. Negli Stati Uniti si contano otto contagi. Abbiamo chiesto al professor Fabrizio Pregliasco di darci il polso della situazione e offrirci una stima delle possibilità che questi focolai producano una vera e propria pandemia

Dottor Pregliasco: che cos’è precisamente la “febbre suina”?

Il virus H1N1, di origine suina, è già conosciuto come malattia trasmissibile all’uomo. Nel 1976 si era acceso un focolaio simile, ma la diffusione, per fortuna, non era stata particolarmente rilevante. Le pandemie sorgono comunque in modo inatteso dal momento che in generale i virus, e anche questo in modo particolare, hanno la possibilità di sperimentare tante varianti del proprio ceppo e quindi, da un momento all’altro, divenire “adatti” per contagiare un essere umano. Il virus in questione quindi ha le capacità per diffondersi ampiamente nel mondo, ma vista la situazione attuale non mi preoccuperei più del dovuto.

Per quale motivo?

Perché all’OMS serpeggia un clima che rappresenta un “mix” di preoccupazione e di scampato pericolo. Il motivo è la velocità con la quale sono intervenuti e la capacità, assai migliore rispetto al passato, con la quale sono riusciti a individuare come omogenei dei casi che un tempo potevano non essere accomunati fra loro. Questo ha fatto sì che si potesse intervenire sui “sospetti” con maggior precisione e velocità e si potessero bloccare tutti i canali conosciuti di diffusione.

Qual è la situazione dei contagi in questo momento?

Ci sono 20 cause accertate di morte in Messico e altre 48 sospette, ma finora non accertabili. A queste si aggiungono 8 casi di sola malattia, cioè di influenza non mortale, negli Stati Uniti.

Quali misure sta attuando l’Organizzazione Mondiale della Sanità?

Rispetto al passato, dicevo, possiamo percepire questi “rumori”, segnali di focolaio, che una volta non si sentivano. L’OMS sta cercando di limitare i focolai e lo sta facendo anche mediante una massiccia campagna informativa e una grossa organizzazione. Ricordiamoci che abbiamo imparato molto dalle precedenti epidemie di Ebola e di Sars. È ancora presto per dire se la situazione sarà di vera emergenza, però in questi casi occorre subito accertarsi di aver eseguito tutte le misure profilattiche.

Esiste già un vaccino per la cosiddetta “febbre suina”?

No, non ci sono vaccini perché bisogna crearli e ci vuole tempo. Ma si è visto che il virus H1N1 è sensibile ai farmaci antivirali che possono essere usati per una prima profilassi, anche se con cautela. È bene infatti monitorare prima i realistici rischi di contagio e usare con giudizio i farmaci per non sprecarli inutilmente. È un po’ quanto avviene per l’antimalarica.

Che cosa si intende precisamente per “pandemia”?

Pandemia significa il rischio di una diffusione mondiale. Nel passato la più “famosa” è senza dubbio la “spagnola”. Solitamente l’intervallo di questo tipo di epidemie varia dai nove ai quarant’anni. Sulla variante suina del ’76 la dead line massima è del 2017. Ciò significa che siamo entro la norma ciclica, ma, ripeto, assai più protetti di un tempo.

Quindi lei invita alla calma?

Alla calma e identificare l’aspetto positivo: il virus è stato individuato rapidamente. Messico e USA hanno applicato misure che possono sembrare inquietanti, ma è una prassi sempre auspicabile nell’ottica di bloccare quanto prima la diffusione.

È allerta in America Latina


È allerta sanitario in molti Paesi dell'America Latina, dopo le morti per influenza da suini verificatesi nel Messico: diversi Paesi centroamericani, oltre a Perù, Brasile e Cile, hanno nelle ultime ore rafforzato i sistemi di prevenzione e di allarme delle strutture sanitarie.

«Siamo in contatto con le autorità del Messico», ha sottolineato per esempio la coordinatrice del settore epidemiologico del ministero della sanità del Salvador, Lilian Cruz, rilevando che particolare attenzione verrà posta nei controlli delle persone provenienti dal Messico.

Un piano di prevenzione simile è stato reso noto anche in Guatemala e in Perù. Il ministero della sanità a Brasilia ha d'altra parte fatto sapere di aver allertato le strutture mediche nazionali, precisando comunque che «non risultano nel Paese casi di virus da influenza suina, né sugli animali né sulle persone».

Da Santiago del Cile il sottosegretario alla sanità, Jeanette Vega, ha sottolineato che la barriera sanitaria predisposta dal Paese prevede in particolare controlli dei voli in arrivo dal Messico e dagli Usa. Misure di vigilanza epidemiologica sono infine state attivate in Argentina, che d'altra parte ormai da settimane è stata colpita da numerosi casi di dengue.

domenica 26 aprile 2009

Il calcio compie 25 secoli, già i Maya ci giocavano

C’era da aspettarselo che prima o poi l’avrebbero scoperto, non poteva infatti essere che un popolo evoluto come lo era quello dei Maya non conoscesse il gioco del calcio. E le conferme arrivano un po’ da tutto il mondo.

La prima conferma giunge direttamente da Guatemala City, dove una rappresentazione molto pittoresca ha messo in mostra come l'antica popolazione del centro America intendeva il gioco del calcio, una sorta di hockey con una sfera infuocata. Molto artistico e decisamente pittoresco.

Ma non è finita qui, infatti è stata resa recentemente nota dall’archeologo Fernando Acevedo la scoperta dl più antico campo da calcio, ritrovato durante i lavori edilizi per costruire delle case nei pressi della città di Merida, nello stato di Yucatan. Il campo risalirebbe a circa 25 secoli fa, ben 5 secoli prima di Cristo. Lungo 25 metri e largo 4,5, pare che in questo campo si giocassero partite con profondo significato rituale: pare infatti che il gioco costituisse la spiegazione della creazione del Sole e della Luna, avvenuta dopo una partita tra gli dei Hunahpu e Ixbalanqué contro i signori del Sottomondo.

Una scoperta che è destinata a cambiare la nostra concezione di questo popolo, e che ancora una volta evidenzia l’importanza dello sport, anche nelle civiltà più antiche.

Guatemala: altri due anni per la commissione Onu contro l’impunità

l mandato della Commissione internazionale contro l’impunità in Guatemala (Cicig), organismo creato sotto l’egida delle Nazioni Unite per combattere la criminalità infiltrata nelle istituzioni statali ed entrato in funzione nel gennaio 2008, è stato prorogato per altri due anni.

Su richiesta del governo, il Segretario Generale dell’Onu Ban Ki-moon si è detto favorevole al proseguimento dei lavori della Cicig, guidata dal giurista spagnolo Carlos Castresana, che ha già prodotto i primi risultati.

Secondo Castresana, “progressi sostanziali” contro le infiltrazioni della criminalità nell’apparato giudiziario statale hanno già portato alla rimozione del Procuratore generale e all’allontanamento dal servizio di 1700 agenti di polizia di 50 commissariati.

Il giurista ha però avvertito che “organizzazioni criminali transnazionali” sono riuscite a penetrare nelle istituzioni di governo, nel settore politico, imprenditoriale e dei mezzi di comunicazione approfittando delle strutture clandestine statali che durante la lunga guerra civile (1960-’96) hanno occultato gravi violazioni dei diritti umani.

Frutto di un accordo tra il governo e l’Onu firmato nel dicembre 2006, nonostante l’opposizione di alcuni schieramenti politici, la Cicig indaga al momento sull’ex-presidente Alfonso Portillo (2000-2004), e 32 militari, tra cui anche quattro ex-ministri della Difesa, per accuse di corruzione.

La Commissione conta 150 funzionari, guatemaltechi e stranieri, e si finanzia con contributi volontari della comunità internazionale che finora ha stanziato l’equivalente di oltre 15 milioni di euro.

sabato 21 marzo 2009

Il Guatemala oggi

I dati macroeconomici indicano un paese in crescita (crescita pil 2007 4.8%), con un’inflazione relativamente bassa (circa 6% prima del rialzo dei prezzi del petrolio), un debito pubblico sotto controllo (21% rapporto debito/PIL) e un debito estero tra i piu’ bassi dell’America Latina (31.4% del PIL). Tuttavia gli indici di sviluppo umano posizionano il Guatemala tra i paesi piu’ arretrati del continente.

Piu’ nel dettaglio, con un Indice di Sviluppo Umano pari a 0.696, il Guatemala si situa al 121° posto su 179 paesi. Il 56% della popolazione vive sotto la soglia di poverta’. La mortalita’ infantile e’ di 43 su 1000 entro i primi 5 anni. Il tasso di alfabetizzazione adulta e’ del 72% (107°).
La distribuzione della popolazione e’ tipica dei paesi “sottosviluppati”, in cui abbondano i giovani. Il 43% della popolazione ha meno di 15 anni e quelli che ne hanno piu’ di 65 sono solo il 4.3%.

Le ragioni di uno sviluppo umano cosi’ basso vanno ricercate nelle forti disuguaglianze sociali all’interno del paese: l’economia sta crescendo ma non produce vantaggio per tutti. La ricchezza –come la terra- e’ fortemente mal distribuita.
L’indice che misura le disuguaglianze dei guadagni (e salari), quello di Gini (wiki), e’ per il Guatemala di 55.1.
I paesi con un regime di welfar state, nei quali lo stato si sforza di garantire una certa equita’ sociale, raggiungono risultati simili a quelli di Svezia (25) e Germania (28.3).
Risultera’ interessante dare un’occhiata anche ai valori degli Stati Uniti (40.8), di altri paesi dell’america latina come –ad esempio- Messico (46.1) e Brasile (57.0), e al paese con l’indice peggiore riportato: la Sierra Leone con 62.9.

Un altro dato sconcertante relativo alla disuguaglianza economica e’ quello relativo alle differenze dei guadagni del quintile (wiki:quintile) piu’ ricco e di quello piu’ povero della popolazione. Al primo corrisponde il 59.5% del reddito totale; mentre all’altro solo il 2.9%.
Inoltre, il 10% piu’ ricco guadagna 48.2 volte quello che guadagna il decile piu’ povero.

Quali sono le ragioni storiche di tale disuguaglianza? Le ipotesi sono varie.
Prima di tutto una causa e’ la guerra civile: dopo il golpe (1954) si sono succeduti governanti reazionari e solidali con i ceti ricchi, con i proprietari e gli industriali. Il golpe e’ stato attuato PER bloccare le riforme sociali del precedente governo. Inoltre il clima di conflitto non ha permesso ai gruppi sociali (lavoratori, ceti poveri) di attuare le rivendicazioni che avrebbero potuto portare a dei miglioramenti.

In secondo luogo la diffusione del modello liberista e dell’ideologia del PIL ha portato a ricercare l’ingresso di valuta estera e di conseguenza l’aumento delle esportazioni, del caffe’ in particolare. Cio’ ha favorito il modello delle grandi aziende produttrici ed esportatrici di tale prodotto, il modello del latifondo, il lavoro dipendente con basse retribuzioni.

Infine una forte rigidita’ fiscale nei conti pubblici, intesa come attenzione al contenimento della spesa pubblica e del deficit, accentuata dall’adesione del Guatemala al trattato di libero commercio con gli Stati Uniti, ha portato piu’ a tenere i conti in ordine che non a favorire la spesa sociale.
Infatti i livelli di spesa per l’educazione e la sanita’ (percentuali rispetto al PIL) sono i piu’ bassi di tutta l’America Latina.

Queste tre ragioni mettono in mostra come la poverta’ della gente del Guatemala sia frutto di scelte. Storiche o politiche, ma pur sempre scelte.

Per contro, almeno in campo economico, occorre fare una precisazione.
Il dato secondo il quale il reddito annuo medio a parita’ di potere d’acquisto e’ di 4333 dollari deve essere accostato ad altre due cifre notevoli della situazione del Guatemala.
La prima e’ che la popolazione urbana e’ solo il 47.2% del totale. Questo significa che molte famiglie sono impiegate nella produzione agricola finalizzata all’autoconsumo, quindi una parte della ricchezza (in questo caso vitale per il sostentamento della popolazione) viene prodotta e consumata senza essere conteggiata nelle statistiche ufficiali del PIL.
La seconda cifra e’ che secondo alcune stime nel settore informale sarebbe impiegato il 75% della popolazione attiva. Cio’ significa che un’enorme parte dei redditi non sarebbe conteggiata nelle statistiche, alterando quindi le valutazioni sulla poverta’ la quale, seppur rappresenta un grave problema sociale, risulta sovrastimata nell’analisi delle cifre ufficialmente dichiarate.

ARCHEOLOGIA: FREGI MAYA SCOPERTI IN GUATEMALA

Nella zona archeologica di El Mirador, nel nord del Guatemala, sono stati rinvenuti due pannelli di stucco lunghi all’incirca otto metri e raffiguranti dei e serpenti, mitologici protagonisti del “Popol Vuh”, il sacro “Libro del Consiglio” dei Maya, che dominarono il Centroamerica e il sud del Messico per oltre due millenni per poi scomparire improvvisamente e misteriosamente nel 900 d.C.
El Mirador fu la loro più grande città. Si estendeva su una superificie di 2000 km quadrati, contava più di tre milioni di persone e venne fondata mille anni prima della più famosa Tikal. Inoltre, a differernza di quest’ultima, nota meta turistica, oggi El Mirador risulta invece una zona molto pericolosa, minacciata dalla deforestazione e dalla presenza di narcotrafficanti, di trafficanti illegali di reperti e di cacciatori.
In ottimo stato di conservazione nonostante l’età (300 a.C.), questi fregi decoravano una piscina che si trovava all’interno di una vasta rete di canali e che si pensa fosse frequentata da elementi dell’alta società.
Secondo Richard Hansen, direttore del dipartimento di antropologia dell’Univeristà dell’Idaho e consulente culturale dei Mel Gibson durante la lavorazione del film “Apocalypto”, questa scoperta dimostra che le storie del “Popol Vuh” non furono adattate alla religione cattolica da Francisco Jiménez, il frate spagnolo che nel 18° secolo scoprì il testo e lo tradusse in castigliano. L’archeologo statunitense, che sta esplorando il sito da molti anni, afferma infatti che i fregi sono i primi ritrovamenti in assoluto che presentano in forma scultorea i personaggi principali della mitologia maya: i gemelli HNella zona archeologica di El Mirador, nel nord del Guatemala, sono stati rinvenuti due pannelli di stucco lunghi all’incirca otto metri e raffiguranti dei e serpenti, mitologici protagonisti del “Popol Vuh”, il sacro “Libro del Consiglio” dei Maya, che dominarono il Centroamerica e il sud del Messico per oltre due millenni per poi scomparire improvvisamente e misteriosamente nel 900 d.C.
El Mirador fu la loro più grande città. Si estendeva su una superificie di 2000 km quadrati, contava più di tre milioni di persone e venne fondata mille anni prima della più famosa Tikal. Inoltre, a differernza di quest’ultima, nota meta turistica, oggi El Mirador risulta invece una zona molto pericolosa, minacciata dalla deforestazione e dalla presenza di narcotrafficanti, di trafficanti illegali di reperti e di cacciatori.
In ottimo stato di conservazione nonostante l’età (300 a.C.), questi fregi decoravano una piscina che si trovava all’interno di una vasta rete di canali e che si pensa fosse frequentata da elementi dell’alta società.
Secondo Richard Hansen, direttore del dipartimento di antropologia dell’Univeristà dell’Idaho e consulente culturale dei Mel Gibson durante la lavorazione del film “Apocalypto”, questa scoperta dimostra che le storie del “Popol Vuh” non furono adattate alla religione cattolica da Francisco Jiménez, il frate spagnolo che nel 18° secolo scoprì il testo e lo tradusse in castigliano. L’archeologo statunitense, che sta esplorando il sito da molti anni, afferma infatti che i fregi sono i primi ritrovamenti in assoluto che presentano in forma scultorea i personaggi principali della mitologia maya: i gemelli Hunapú e Xbalanqué, le cui gesta, pur ricordando molto quelle di Gesù Cristo, risalgono a 300 anni prima della sua nascita.
I fregi raffigurano i gemelli – nati da una vergine – mentre escono dal regno di Xibalbà portando con sé la testa del padre, che era stato decapitato dai padroni di questa specie di inferno. Grazie alla loro vittoria, i due fratelli ascesero al cielo sottoforma rispettivamente di sole e di luna. Quindi, nonostante le chiare similitudini con la tradizione cristiana che fino a questo momento si credevano fossero state esplicitate ad opera di Jiménez, le raffigurazioni dei fregi dimostrano invece che la leggenda precede l’avvento del Cristianesimo.unapú e Xbalanqué, le cui gesta, pur ricordando molto quelle di Gesù Cristo, risalgono a 300 anni prima della sua nascita.
I fregi raffigurano i gemelli – nati da una vergine – mentre escono dal regno di Xibalbà portando con sé la testa del padre, che era stato decapitato dai padroni di questa specie di inferno. Grazie alla loro vittoria, i due fratelli ascesero al cielo sottoforma rispettivamente di sole e di luna. Quindi, nonostante le chiare similitudini con la tradizione cristiana che fino a questo momento si credevano fossero state esplicitate ad opera di Jiménez, le raffigurazioni dei fregi dimostrano invece che la leggenda precede l’avvento del Cristianesimo.

El Salvador: i lavoratori e i contadini vincono le elezioni presidenziali

In El Salvador, una delle classi dominanti più reazionarie in America latina è stata cacciata all’opposizione. Le masse hanno respinto con successo lo scandaloso tentativo di frode elettorale preparato da Arena, il partito reazionario di destra fondato da Roberto D’Aubisson, leader degli squadroni della morte anticomunisti...continua

Juana Vasquez Arcon e la lotta per ritrovare una cultura negata

San Benedetto del Tronto | Allargare gli orizzonti: questa mattina gli studenti hanno incontrato Juana Vasquez Arcon, collaboratrice del Nobel per la Pace Rigoberta Menchú Tum.

Juana Vasquez Arcon

Si sono ritrovati, all'auditorium comunale di San Benedetto, alcuni studenti di una classe del liceo classico "Leopardi" e di due dell'istituto alberghiero "Buscemi" per dare il benvenuto ed ascoltare la toccante ed istruttiva testimonianza di Juana Vasquez Arcon, stretta collaboratrice del premio Nobel per la Pace Rigoberta Menchú Tum.

Giunta in Italia grazie ad una stretta collaborazione tra l'amministrazione comunale e il collettivo MOIE-Guatemala, la Azcon è stata accolta con grande partecipazione e calore sia dagli studenti che dall'assessore alla cultura Margherita Sorge, dal consigliere per le Pari Opportunità Palma Del Zompo, dalla presidente del collettivo Angela Priori e da Antonella Nonnis della sezione MOIE di San Benedetto.

La Arcon ha parlato della situazione di segregazione in patria che vivono i Maya in Guatemala, che nonostante costituiscano la stragrande maggioranza della popolazione, continuano ad essere esclusi sia dalla vita politica che da quella sociale. La Arcon ha ripercorso la storia delle lotte del proprio popolo e le battaglie che la stessa Menchú sta affrontando per il benessere del suo popolo.

"Voi parlate di "scoperta dell'America" - spiega la Arcon - ma noi parliamo di "conquista". Con la venuta degli Spagnoli il nostro popolo è stato costretto a cambiare la propria cultura, a tagliare le proprie radici. Dopo 500 anni, vogliamo riprenderci quello che ci è stato ingiustamente tolto: la nostra cultura, il nostro sapere, la nostra vita. Ci stiamo battendo, stiamo cercando di rompere un silenzio che dura da decenni. Non solo ci stiamo organizzando per poter entrare attivamente nella vita politica ma stiamo anche cercando di fondare un Università Maya per ritrovare non solo la nostra cultura ma per scoprire anche le altre".