mercoledì 30 aprile 2008

Acqua di rubinetto: agli italiani non va giù


Crisi o non crisi economica, per l’italiano consumatore, l’acqua minerale, naturale o gassata che sia, purché non di rubinetto, non si tocca. I dati raccolti dall’ultimo rapporto di Legambiente “Un Paese in bottiglia” parlano chiaro:.....continua

Darat- La stagione del perdono


Segnaliamo questa interessante iniziativa che vede coinvolta anche la nostra Associazione....






I Maya vanno in onda

Da mercoledì scorso, sulle frequenze di Canal 5, un programma diffonderà usi, costumi, tradizioni e valori degli aborigeni
La millenaria cultura maya sbarca in Tv. Da mercoledì scorso, sulle frequenze di Canal 5, un programma diffonderà usi, costumi, tradizioni e valori degli aborigeni, “per un futuro nuovo, diverso, senza discriminazione, dove si possa vivere in pace e armonia e con tolleranza”. E se si pensa che quel canale era proprio quello da cui, durante la sporca guerra che ha sterminato migliaia di indigeni (l'83,33 perento dei 200mila morti o desaparecidos erano maya), l'Esercito trasmetteva la sua propaganda, la notizia acquista ancor più significato...continua

I Ricchi alimentano il prezzo della fame


Da Accra, capitale del Ghana, l’Onu si sveglia - sotto l’incubo di uno tsunami silenzioso - e scopre la fame nel mondo (per 100 milioni di persone) provocata anche da quei continui rincari dei prezzi agricoli, imposti dalle economie “forti”, che seminano il panico provocando le attuali catastrofi umanitarie...continua

E' stata aprovata in Guatemala la legge contro il "feminicidio"



giovedì 24 aprile 2008

mercoledì 23 aprile 2008

Giornata della Terra


fonte: ecoblog

Oggi è 22 aprile è la Giornata della terra: cosa NON state facendo per salvare il pianeta?


Sicuramente non starete facendo nulla di offensivo o dannoso per il pianeta, ma ecco una classifica che vi può esser utile.


1. Non pulite con l’aspiratore per foglie il vialetto di casa. Restate voi stessi, anche se oggi è il giorno da dedicare alla terra non dovete sentirvi obbligati.


2. Non bevete acqua imbottigliata che proviene dall’altra parte del mondo, anche se è stata imbottigliata dalla fabbrica locale.


3. Non fate una donazione ad una fantomatica Associazione contro il riscaldamento globale con sede in qualche paradiso fiscale.


4. Non trattenete il respiro per tutto il giorno: buona idea quella di ridurre le vostre emissioni di Co2, anche se rischiate il soffocamento?


5. Non acquistate una pelliccia di orso polare


6. Non attaccate sul vostro SUV un bell’adesivo con scritto “Combattiamo l’inquinamento!” se non vorrete rischiare che qualche ambientalista convinto vi incida qualcosa sulla fiancata dopo aver sapientemente bucato le gomme.


7. Non fate niente di tutto questo :-) e la terra vi ringrazierà ugualmente
Immagini per riflettere

Riflessioni

Pubblichiamo una bella email di Lorella

Carissimi e carissime,vi mando una bella riflessione di EDUARDO GALEANO



RIFLESSIONE. EDUARDO GALEANO: I DIRITTI DELLA NATURA

Il mondo dipinge nature morte, soccombono i boschi naturali, si sciolgono i poli, l'aria si fa irrespirabile e l'acqua imbevibile, si plastificano i fiori e il cibo, e il cielo e la terra diventano pazzi da legare.E mentre tutto cio' accade, un paese latinoamericano, l'Ecuador, sta discutendo una nuova Costituzione. E in questa Costituzione si apre la possibilita' di riconoscere, per la prima volta nella storia universale, idiritti della natura. La natura ha molto da dire, ed e' ora che noi, i suoi figli, la smettiamo di fare i sordi. Forse persino Dio ascoltera' il richiamo che suona da questo paese andino, e aggiungera' l'undicesimo comandamento di cui si era dimenticato nelle istruzioni che ci diede sul monte Sinai: "Amerai lanatura, della quale fai parte".

*Un oggetto che vuol essere soggetto.
Per migliaia d'anni, quasi tutta la gente ha avuto il diritto di non avere diritti.Nei fatti, non sono pochi coloro che continuano a non avere diritti, ma almeno, adesso, si riconosce il diritto di averli; e questo e' un po' piu' di un gesto di carita' dei padroni del mondo per la consolazione dei loro servi.E la natura? In un certo senso, per cosi' dire, i diritti umani comprendono la natura, perche' lei non e' una cartolina da guardare dal di fuori; la natura sa bene che perfino le leggi umane migliori la trattano come oggetto di proprieta', e mai come soggetto di diritto.Ridotta a mera fonte di risorse naturali e buoni affari, lei puo' essere legalmente ferita in modo serio, e perfino sterminata, senza che si odano i suoi lamenti e senza che le norme giuridiche impediscano l'impunita' dei suoi criminali. Al massimo, nel migliore dei casi, sono le vittime umane a poter pretendere un indennizzo piu' o meno simbolico, e sempre dopo che il danno e' stato fatto, ma le leggi non evitano ne' impediscono gli attentati contro la terra, l'acqua o l'aria.Suona strano, no? Che la natura abbia diritti... Una follia. Come se la natura fosse una persona! Invece, suona normalissimo che le grandi imprese degli Stati Uniti godano di diritti umani. Nel 1886, la Suprema Corte degli Stati Uniti, modello della giustizia universale, estese i diritti umani allecorporazioni private. La legge riconobbe loro gli stessi diritti delle persone, il diritto alla vita, alla libera espressione, alla privacy e a tutto il resto, come se le imprese respirassero. Piu' di centovent'anni sonopassati e continua ad essere cosi'. Nessuno ci fa piu' caso.

*Grida e sussurri
Non vi e' nulla di strano, ne' di anormale, nel progetto che vuole includere i diritti della natura nella nuova Costituzione dell'Ecuador. Questo paese ha subito numerose devastazioni nel corso della sua storia. Per citare un solo esempio, per piu' di un quarto di secolo, fino al 1992, l'impresa petrolifera Texaco vomito' impunemente diciottomila milioni di galloni di veleno sulla terra, i fiumi e la gente. Una volta compiuta quest'opera di beneficenza nell'Amazzonia ecuadoriana, l'impresa nata inTexas celebro' il matrimonio con la Standard Oil. A quel tempo, la Standar Oil di Rockefeller era diventata Chevron ed era diretta da Condoleezza Rice. In seguito, un oleodotto trasferi' Condoleezza Rice alla Casa Bianca, mentre la famiglia Chevron-Texaco continuava ad inquinare il mondo.Ma le ferite aperte nel corpo dell'Ecuador dalla Texaco e altre imprese non sono l'unica fonte d'ispirazione di questa grande novita' giuridica che si cerca di portare avanti. Inoltre, e non e' poco, la rivendicazione della natura fa parte di un processo di recupero delle piu' antiche tradizioni dell'Ecuador e di tutta l'America. Si propone che lo Stato riconosca e garantisca il diritto di mantenere e rigenerare i cicli vitali naturali, e non e' un caso che l'assemblea costituente abbia iniziato a identificare isuoi obiettivi di rinascita nazionale con l'ideale di vita del "sumak kausai". Il che significa, in lingua quechua, vita armoniosa: armonia fra di noi e armonia con la natura, che ci genera, ci alimenta e ci protegge e che ha vita propria, e valori propri, che vanno oltre.Quelle tradizioni continuano ad essere miracolosamente vive, nonostante la pesante eredita' del razzismo che in Ecuador, cosi' come in tutta l'America, continua a mutilare la realta' e la memoria. E non si tratta solo del patrimonio della sua numerosa popolazione indigena, che seppe perpetuarle nel corso di cinque secoli di proibizione e di disprezzo. Appartengono a tutto il paese, e al mondo intero, queste voci del passato che aiutano a indovinare un altro futuro possibile.Quando la spada e la croce sbarcarono in terre americane, la conquista europea castigo' l'adorazione della natura, che era peccato di idolatria, con le frustate, la forca o il fuoco. La comunione fra la natura e la gente, un costume pagano, fu abolita in nome di Dio e poi in nome della Civilta'.In tutta l'America, e nel mondo, continuiamo a pagare le conseguenze di quel divorzio obbligatorio.

martedì 22 aprile 2008

DichiarazioneUniversale 1948



Di questi tempi è sempre bene ricordare quali sono sono i diritti della Dichiarazione Universale.

NON DIMENTICARE...

http://altrenotizie.org/alt/pdf/diritti_uomo.pdf

martedì 15 aprile 2008

Tribunale popolare in difesa dell'acqua



Il calendario delle lotte in corso in tutto il mondo per la difesa dell’acqua come bene comune e diritto inalienabile ha avuto nei giorni scorsi un appuntamento di rilievo a Cordoba, in Argentina. Le organizzazioni sociali cittadine e non solo, membri dei Comitati per il recupero dell’acqua e confluiti dalla fine del 2007 nel Coordinamento in difesa dell’acqua e della vita [Ccodav], hanno celebrato nei giorni scorsi il giudizio popolare intentato contro la multinazionale francese Suez, che controlla - assieme al gruppo nazionale Roggio - la compagnia Aguas Cordobesas, titolare del servizio di acqua potabile e del sistema fognario della città. La popolazione di tutta la provincia
porta avanti da tempo dure proteste contro la gestione privata del servizio idrico, accusata di escludere dall’accesso all’acqua centinaia di migliaia di persone.
In una consultazione popolare realizzata nel settembre scorso, oltre l’80 per cento dei cittadini ha
chiesto la rescissione del contratto firmato tra il governo provinciale e Aguas Cordobesas.
Attualmente almeno 11 località e 6 quartieri cittadini vivono senza aver accesso al servizio idrico. All’insediamento del Tribunale popolare, avvenuto a Cordoba pochi giorni fa, erano presenti rappresentanti di numerosi movimenti latinoamericani che in altri territori hanno portato avanti vertenze per la difesa del diritto all’acqua contro la Suez. «Il ricorso ad un tribunale popolare rappresenta l’esercizio di un diritto che soccorre i popoli quando in assenza di strumenti
giuridici efficaci devono difendere i propri diritti ed i propri territori», ha detto Anahit Aharonian, attivista uruguayana, parte della giuria. Il Tribunale ha chiesto al governo provinciale di rescindere il contratto stipulato con l’impresa e di promuovere l’elaborazione collettiva di una proposta che permetta l’organizzazione e la gestione partecipativa dei servizi idrici con l’obiettivo di estendere i servizi a tutta la popolazione e di stabilire tariffe fissa ed eque, unite al miglioramento delle condizioni ambientali. Ha inoltre espresso una salda condanna dei comportamenti dell’impresa, tali da configurare serie violazioni dei diritti umani basici, tra cui appunto il diritto all’acqua.
Il Ccodav - composto da organizzazioni sindacali, contadine, cittadine, sociali, di piqueteros e ambientaliste - porta inoltre avanti una protesta contro l’aumento delle tariffe [cresciute dal 100 al 500 per cento] e contro la proposizione, da parte della Suez, di un giudizio presso il Ciadi, l’organo di arbitrato – molto poco imparziale – della Banca mondiale.
Per tutelare i suoi investimenti nella provincia, la multinazionale francese ha infatti chiesto al tribunale della Banca mondiale un risarcimento di 108 milioni di dollari. I movimenti argentini ritengono tale giudizio illegittimo e ne chiedono la cancellazione. Una voce che si somma al coro di chi, in America latina come in Europa chiede l’abolizione del foro di arbitraggio, considerato uno strumento che multinazionali e istituzioni finanziarie internazionali utilizzano per garantire il mantenimento dello status quo. Cordoba rappresenta l’ultimo bastione della Suez in Argentina, per tale ragione la disputa ha assunto toni accesi, con la multinazionale che tenta in ogni modo di rimanere nella città sudamericana. Per la stessa ragione, difendendo i propri diritti, i cittadini cercano, attraverso processi di partecipazione, di rifiutare l’imposizione di un modello fondato sull’interesse particolare e sul profitto e di riappropriarsi delle proprie risorse. L’incontro di Cordoba è un altro passo in avanti verso la Cumbre de los pueblos [Vertice dei popoli] che si celebrerà a Lima a maggio, durante la quale i movimenti sociali latinoamericani ed europei si incontreranno per discutere dei trattati di libero commercio e dei capitali europei in America latina.


www.carta.org 11/04/2008

lunedì 14 aprile 2008

Cosa mangiamo?

Ma cosa mangiamo veramente? Quanto sprechiamo? Che tipo di economia è quella dell'alimentazione?
Sono alcuni interrogativi a cui cerca di rispondere Report del 13 aprile 2008.
Di seguito troverete il testo integrale della puntata.



fonte: www.report.rai.it

MILENA GABANELLI IN STUDIO Buona sera. Giornata del silenzio e della riflessione, allora proviamo a farla sul serio, per capire cosa possiamo fare per ribaltare un sistema che alla lunga si ritorce contro di noi.

PIERO RICCARDI FUORI CAMPO E’ stato calcolato che la terra potrebbe nutrire 10 miliardi di persone che si alimentassero come gli indiani; 5 miliardi che seguissero la dieta degli italiani; ma solo 2,5 miliardi con il regime alimentare degli statunitensi. Questo perché la metà dei cereali che produciamo servono per alimentare gli animali che mangiamo. 820 milioni di persone nel mondo muoiono di fame e altre 800 milioni mangiano come se di pianeti a disposizione ne avessero 5. L’agricoltura industriale e chimica oggi è la causa di un terzo di tutte le emissioni di gas serra che stanno uccidendo il pianeta. Se il nostro futuro e quello della biosfera dipendono da come produciamo e consumiamo quotidianamente cibo, questo carica tutti noi di responsabilità, subito, ora.

Da: "Rataouille" "Se è vero che siamo ciò che mangiamo, io voglio mangiare solo cose buone!" Ma per mio padre?"

"Il cibo è carburante, se fai lo schizzinoso su quello che metti nel serbatoio finirai a secco, quindi mangia la tua spazzatura!!!"

MILENA GABANELLI IN STUDIO Siamo ciò che mangiamo, questo vuol dire che il cibo oltre ad essere una merce, deve avere anche un senso. L’agricoltura, riportano i testi scolastici , è alla base dell’economia e della vita. Il ciclo completo dell’agricoltura oggi, secondo gli studi della Fao incide per il 30% sul riscaldamento del pianeta, tanto per avere un raffronto, i trasporti non legati al settore dell’alimentazione incidono per il 17%. Il settore zootecnico, invece produce gas serra 296 volte più dannosi del COo2, questo è il letame. L’aumento degli allevamenti è dovuto all’aumento del benessere quindi all’aumento del consumo di carne, questo nonostante tutti gli studi medici dicano, che mangiare troppa carne fa male. Un americano ogni anno ne mangiano 122 chili , un italiano 87, un cinese 50, un indiano 4. Bisognerebbe ridistribuirla meglio, ma se il modello è la nostra ingordigia si può rischiare di arrivare alla rovina del pianeta. Un hamburger di 150 grammi, prima di arrivare sulla nostra tavola ha consumato 2500 litri di acqua, tutta quella che serve per irrigare il terreno che cresce mais o il foraggio che serve ad alimentare l’animale. Ma la carne è poca cosa rispetto ad un sistema di produrre e consumare che sfugge alle ogni logica minime di tutela, della salute, del pianeta, del portafogli. Possiamo continuare a fregarcene, oppure vedere di cambiare abitudini.

Piero riccardi e Michele buono

PIERO RICCARDI FUORI CAMPO Roma 2 febbraio 2008, torniamo a casa con la spesa, sono i giorni della merla, il centro dell’inverno, in genere i più freddi dell’anno, ma dalla mia busta tiro fuori di tutto: pomodori, zucchine, melanzane, peperoni, asparagi, fagiolini verdi, fragole. Insomma sembra di essere in piena estate. Ma ormai siamo abituati, nei supermercati c’è una sola stagione, che dura tutto l’anno. Per legge, tutti gli alimenti hanno le loro etichette, nomi, informazioni, numeri, pesi ma in genere ciò che osserviamo è la data di scadenza, "scade il…". Eppure l’etichetta ci può dire molto di più, ad esempio da dove arriva. Questi asparagi infatti vengono dal Perù, dato che in Italia, a gennaio, gli asparagi non possono crescere. Anche i fagiolini verdi sono fuori stagione, e arrivano dal Marocco. Le fragole dalla Spagna. Poi abbiamo trovato pomodori, anche questi fuori stagione, italiani, spagnoli; tra gli italiani c’è questa scatola di ciliegini, che arrivano dalla Sicilia.

PIERO RICCARDI Dunque fornito per Auchan spa Rozzano Milano da Alegra Faenza, Ravenna, prodotto e confezionato da Euroagri Italia a Vittoria, quindi significa che sono stati prodotti a Vittoria, sono andati a finire a Faenza, in Emilia Romagna, a Ravenna e li abbiamo comprati a Roma.

PIERO RICCARDI FUORI CAMPO Ma anche il prezzo ci rivela delle sorprese.

PIERO RICCARDI Spinacino ci sono costati 2 euro e 10 cioè 100 grammi ci sono costati 2 euro e 10 quindi significa 21 euro al chilo.

PIERO RICCARDI FUORI CAMPO Spinaci a 21 euro al chilo, neppure fossimo sulla Luna, ma è il prezzemolo a sorprenderci di più di tutti, i 50 grammi del caro vecchio prezzemolo di questa busta, ci sono costati 1 euro e 49, detto così, forse, non appare neppure tanto, anzi si perché intanto ci potrei comperare 2 etti di caffè, ma se ne ricavo il prezzo al chilo scopro che ho pagato il prezzemolo 29 euro e 80 al chilo. Sono sicuro di aver comperato del prezzemolo? Cosa abbiamo pagato comprando questa confezione? Forse questo prezzemolo non è lo stesso che quando andiamo al mercato comunale sotto casa, a fare la spesa, e chiediamo al fruttivendolo un mazzetto di odori, lui mette insieme una costa di sedano, una carota, un ciuffetto di prezzemolo appunto e veloce ce li aggiunge nella busta, gratis. Quale sarà il valore reale del prezzemolo? Quello omaggio del fruttivendolo, o quello che ho pagato al prezzo di un filetto di manzo?

DAL TG 3 "Un allarme per le condizioni del pianeta, viene da Roma."

JACQUES DIOUF – DIRETTORE GENERALE FAO "E’ stata snaturata la maggior parte del pianeta!"

DAL TG 3 "Dal Direttore generale della Fao Jacques Diouf l’allarme per l’equilibrio dell’ambiente, sono state trasformate in campi coltivati, un quarto di tutte le terre emerse, triplicato in 30 anni l’uso di fertilizzanti artificiali a base di azoto e fosforo. Un quarto delle riserve marine di pesce sono sovrasfruttate e negli ultimi 20 anni sono state perse il 35% di tutte le Foreste di Mandrovia."

PIERO RICCARDI FUORI CAMPO Il documento di cui parla il Telegiornale è il Millennium Ecosystem Assessment una ricerca dell’Onu a cui hanno lavorato 2000 scienziati da tutto il mondo per 4 anni. Risultato: se la terra si sta riscaldando, e i ghiacci si sciolgono e i deserti avanzano questo è dovuto alle attività umane che producono gas serra. E la causa maggiore è legata, incredibile a dirsi, al cibo. Il 30% dei gas serra sono direttamente collegati a come noi produciamo, distribuiamo e consumiamo il cibo. Roma, questa è la sede della Fao, Agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di alimentazione e agricoltura e che ha partecipato alla elaborazione dello studio. Ma perché un pomodoro dovrebbe far aumentare il riscaldamento globale? Come si fa a calcolare l’emissione di gas serra da quello che ho nel piatto?

WULF KILLMANN – DIR. DIPARTIMENTO FORESTALE - FAO Allora, ho una bistecca sulla mia tavola, quanto ha contribuito esattamente alla formazione di gas serra questa bistecca prima che io me la mangi? Qui alla Fao abbiamo cercato di capire tutto il ciclo di vita di questa bistecca dall’inizio alla fine, e la conclusione è che il 18% del gas serra è prodotto dagli allevamenti nel loro complesso e questo include la deforestazione, particolarmente in quei paesi dove c’è molto allevamento, come i paesi latinoamericani, deforestazione che include i foraggi coltivati per alimentare i bovini per esempio, come mais, soia e così via, include la digestione interna, il metano che viene prodotto, include i fertilizzanti usati per fertilizzare i pascoli, include i processi di trasformazione in carne, la macellazione, i trasporti, la refrigerazione e cosi via, questo è l’intero ciclo di vita da analizzare, e così anche tu, con la tua bistecca in tavola, contribuisci un po’ alle emissioni di gas serra… Non è solo di cibo, è tutto interconnesso.

PIERO RICCARDI FUORI CAMPO Il cibo non è solo cibo, è tutto interconnesso. Fertilizzanti, pesticidi, erbicidi, carburanti per i trattori, trasformazioni, refrigerazioni, trasporti. Il nostro mazzetto di asparagi che vengono in aereo dal Perù, quanto avrà contribuito al riscaldamento globale? E la busta di plastica che racchiude 50 grammi di prezzemolo che a occhio e croce costa di più del prezzemolo stesso? Vecchiano, Pisa, qui ha sede il Centro nuovo modello di sviluppo che pubblica manuali di Consumo critico.

FRANCESCO GESUALDI - CENTRO NUOVO MODELLO DI SVILUPPO Be’ un chilo di ciliegie che produce qualcosa come 360 chilocalorie di fatto ne assorbe 20.000 per quanto riguarda i combustibili fossili, perché? Perché ci vogliono 2 litri e mezzo di cherosene per far arrivare un chilo di ciliegie dall’Argentina fino a qua il che significa 6 chili e mezzo di anidride carbonica prodotta, ecco e questo poi se lo moltiplichiamo per le tonnellate e tonnellate di merci che viaggiano in giro per il mondo, poi alla fine ci rendiamo conto quanto siamo assurdi e schizofrenici.

PIERO RICCARDI E gli imballaggi? Quanto incidono?

FRANCESCO GESUALDI - CENTRO NUOVO MODELLO DI SVILUPPO Abbiamo trovato uno studio fatto negli Stati Uniti rispetto ad un barattolo di mais del peso di 455 grammi, lo studio tenta di capire qual è l’energia per ogni singolo componente ed è venuto fuori che il mais come tale ha assorbito 450 chilocalorie nella fase agricola, 316 nella fase industriale, l’imballaggio incide per 1006 chilocalorie, un terzo di tutta l’energia impiegata è per gli imballaggi, qui ti rendi conto che spesso il prodotto è soltanto un pretesto per venderti un imballaggio.

PIERO RICCARDI FUORI CAMPO Dunque per produrre un chilo di questa plastica con cui ci hanno venduto una manciata di prezzemolo tritato o 500 grammi di pomodori si consumano 17 chili e mezzo di acqua, un po’ di petrolio, una spruzzata di zolfo, una di monossido di carbonio e 2 chili e mezzo di CO2, quella che fa crescere il gas serra. Ma prima ancora dobbiamo calcolare i costi di estrazione del petrolio, il trasporto in raffineria, le varie lavorazioni in fabbriche diverse e ad ogni fase un nuovo trasporto. E poi quella plastica diventa subito un rifiuto e bisogna smaltirla. E allora prodotti che sono un pretesto per vendere un imballaggio. Ma quanto vale il prodotto? Ad esempio, di questa confezione di carote grattugiate che ho pagato 8 euro e mezzo al chilo, quanto va a chi lo ha prodotto nel campo, al contadino? Siamo sulla strada statale Pontina che attraversa una delle zone agricole più fertili a sud di Roma. Questa è una cooperativa di produttori, i soci agricoltori portano qui le loro zucchine, insalate, carote che vengono lavate, incassettate e rivendute.

PIERO RICCARDI Queste carote qui che ora vediamo quanto vengono pagate al socio?

GIANFRANCO BENETTI – DIR. COMMERCIALE CONSORZIO EUROCIRCE Noi di vendita facciamo intorno a i 22 centesimi, però se togliamo all’incirca un 15, 16 cent di lavorazione, tra cavatura e lavaggio rimane 7 centesimi al socio, le vecchie 140 lire.

PIERO RICCARDI Quindi un agricoltore per produrre queste carote dovrebbe produrle con 7 centesimi?

GIANFRANCO BENETTI – DIR. COMMERCIALE CONSORZIO EUROCIRCE Si ma è molto difficile però…

PIERO RICCARDI Non si può fare però?

GIANFRANCO BENETTI – DIR. COMMERCIALE CONSORZIO EUROCIRCE No!

PIERO RICCARDI Chi è che ha stabilito che al produttore devono arrivare 7 cent?

GIANFRANCO BENETTI – DIR. COMMERCIALE CONSORZIO EUROCIRCE Il mercato, noi facciamo delle offerte al mercato e il mercato non risponde ti dicono delle indicazioni di prezzo e tu devi accettare o meno.

PIERO RICCARDI FUORI CAMPO E’ il mantra della legge di mercato, il prezzo lo fa il mercato e tu devi accettare o meno. Le serre si estendono senza soluzione di continuità tra le case, le serre cambiano forma dimensione orientamento e il nostro cibo, rigorosamente fuori stagione è lì dietro, perché le serre non servono più per proteggere i prodotti invernali più delicati dalle gelate ma per produrre al di là delle stagioni, perché lì dietro, nascoste, ci sono le nostre zucchine d’inverno, i fagiolini verdi d’inverno, i pomodori d’inverno. Marco Bedin è uno dei soci della cooperativa che abbiamo visitato, sta raccogliendo le ultime casse di cavolo rapa che manda come prodotto fuori stagione sulle tavole dei tedeschi, gli ultimi perché tra poco il clima permetterà ai tedeschi di avere i loro, e il prezzo per Bedin crollerà. Una cassa di cavolo rapa primizia oggi a Bedin i tedeschi gliela pagano 5/6 euro, fra una settimana gliene daranno 3, e a Bedin non converrà più raccoglierli. Ora, a gennaio, ha già le piantine di pomodori.

MARCO BEDIN – AGRICOLTORE Verranno raccolti diciamo da metà aprile fino alla metà di giugno finché diciamo c’è il prezzo, dopo scesi sotto i trenta centesimi diciamo mi fermo non raccolgo più e lascio tutti i pomodori.

PIERO RICCARDI Come devono essere questi pomodori?

MARCO BEDIN – AGRICOLTORE I pomodori devono avere tutti una stessa colorazione…diciamo devono essere poco maturi, verdi, con un accenno alla maturazione, in maniera che quando arriva sul mercato il pomodoro sia diciamo metà maturo e quindi qui viene raccolto verde con una punta rossa.

PIERO RICCARDI Mi dicevi che a un certo punto però non conviene neanche più raccoglierli.

MARCO BEDIN – AGRICOLTORE Quando il prezzo scende sotto i trenta centesimi non conviene più e rimangono tanti quintali in serra,100 / 200 quintali e rimangono buttati.

PIERO RICCARDI Che in percentuale quanti sono su quelli che produci?

MARCO BEDIN – AGRICOLTORE Diciamo che riesco a fare 1300 quintali a ettaro, rimane giù un 15%, rimane proprio buttato, un altro 10% verrà scartato dal consorzio perché non è buono o è piccolo o è deformato quindi li butto proprio in campagna, li butto sottoterra…

PIERO RICCARDI Quindi un 30% è scarto?

MARCO BEDIN – AGRICOLTORE …Si,si perché devono essere tutti belli…

PIERO RICCARDI Chi è che lo fa il prezzo?

MARCO BEDIN – AGRICOLTORE Il prezzo lo fa il commerciante, la grande distribuzione non certo l’agricoltore…

PIERO RICCARDI Tu non puoi dire, mi devi dare…

MARCO BEDIN – AGRICOLTORE Non, non posso dirlo se no il commerciante mi dice allora tieniteli a casa e io li prendo da un’altra parte, sicuramente riescono a trovarli a prezzi più bassi, o in Italia o dalla Spagna, Marocco, Egitto, con un giorno sono qui da questi altri stati.

PIERO RICCARDI Quindi o prendi questo o…te li tieni!

MARCO BEDIN – AGRICOLTORE Si.

PIERO RICCARDI FUORI CAMPO Il gioco è semplice, produrre solo roba fuori stagione, i pomodori ad esempio, quando arriverà la stagione dei pomodori di campo, quelli che maturano rossi sulla pianta, all’agricoltore non conviene più produrli perché il mercato butta giù il prezzo. La non stagionalità è il rito sacrificale al mercato, per tenere su i prezzi. Allora pomodori verdi d’inverno. Ma torniamo alle nostre carote. Come si producono carote da 7 centesimi al chilo? Maccarese, pochi chilometri a nord di Roma. E’ l’altra grande campagna romana dedicata alle colture intensive.

PIERO RICCARDI Gran parte qui è agricoltura cosiddetta convenzionale, industriale?

CLAUDIO CARAMADRE - AGRICOLTORE La stragrande maggioranza, la stragrande maggioranza… Qui c’è una grossissima concentrazione di carota, si fanno circa mille ettari di carote, completamente industrializzate e meccanizzate. Questi terreni a forza di fare monocoltura, l’elemento naturale ha reagito. Ha reagito riempiendo il terreno di nematodi, i nematodi sono praticamente i così detti i pionieri della vita, cioè quelli che dopo la colata lavica o dopo il disastro vanno a colonizzare però hanno un problema, cioè si nutrono delle radici delle piante, allora loro qui che cosa avviene vengono sparsi alcuni quintali per ettaro di dicloropropene normalmente che è diciamo un fumigante del terreno, proprio per abbattere la presenza di nematodi che badiamo bene, non li elimina perché se fosse un intervento che elimina, con i livelli… cioè facendo a ogni coltivazione un intervento con 200, 250 o anche più litri di dicloropropene per ettaro, teoricamente tu dovresti eliminarli, invece, ogni volta… cioè loro sono costretti ad aumentare sempre di più il loro dosaggio, cioè alla fine la chimica non è quest’arma così splendida, un arma raffinata è un’arma molto grezza, il fatto che si introducono sempre di più, noi stiamo creando degli insetti sempre più resistenti.

PIERO RICCARDI FUORI CAMPO Dicloropropene, sterilizzare la terra prima di seminare, nematocidi, raddoppiare le dosi dei fumiganti, insetti sempre più resistenti. Per produrre: carote. Carote a un certo prezzo. Ma non abbiamo ancora capito chi stabilisce questo prezzo. Quello di Fondi in provincia di Latina è il più grande mercato di ortofrutta d’Europa. E di formazione del prezzo dovrebbero saperne qualcosa.

GIUSEPPE LA ROCCA - PRESIDENTE MOF Il prezzo come si fa? Diciamo il mercato non è più il luogo come 20 anni fa, 30 anni fa, dove effettivamente si faceva il prezzo, certo il prezzo si fa quotidianamente nel mercato, però rispetto a prima partiamo da una… dobbiamo assumere un concetto che in un clima di globalizzazione è ovvio che il prezzo non è più fatto specificatamente all’interno del mercato ma il prezzo per esempio, il prezzo che viene su alcune cose viene stabilito anche dalla Grande Distribuzione quando fa dei contratti direttamente con i fornitori.

PIERO RICCARDI FUORI CAMPO Insomma, cerchiamo di capire chi stabilisce il prezzo e tutti ci dicono il mercato, ma nel più grande mercato orto frutta d’Europa invece, il presidente ci dice imbarazzato che sì il prezzo dovrebbero farlo loro perché sono appunto il mercato, ma in effetti a farlo è la Grande Distribuzione.

COMMERCIANTE MOF Un arancio di quelli costa 15 centesimi… Solo raccoglierlo ci vogliono minimo…

PIERO RICCARDI 15 centesimi al chilo?

COMMERCIANTE MOF … Si al chilo si e non si vende!... ci voglio 10 centesimi soltanto per coglierlo l’arancio altri 15 centesimi ci vogliono per produrli, poi ci vogliono altre 10 centesimi di tasse per il pagare il bonifico e tutto quanto, già siamo finiti a 50 centesimi e a 15 centesimi non si vendono…

PIERO RICCARDI Cioè quelle arance lì lei le sta vendendo a 15 centesimi?

COMMERCIANTEMOF Non si vendono a 15!...non si vendono!

PIERO RICCARDI A quanto sta questa lattuga?

COMMERCIANTE MOF A trenta centesimi non riusciamo a venderla.

PIERO RICCARDI Ma cosa c’è di sbagliato? Perché?

COMMERCIANTE MOF Io sono andato a un supermercato senza fa nomi il sabato sera, i cavoli stavano 1 euro e 29 al chilo, qui al mercato si stanno vendendo 1 euro alla cassa che ci stanno 10 chili dentro.

PIERO RICCARDI Ma la Grande Distribuzione non si approvvigiona qui?

COMMERCIANTE MOF Non sempre, non sempre direttamente in campagna.

COMMERCIANTEMOF E poi, io ho sempre visto la televisione, non inquadrano mai dei banchi della Grande Distribuzione, sempre i bagarini di quei quattro che sono rimaste in mezzo alle piazze. La Grande Distribuzione, non l’ho mai visto che alla televisione hanno inquadrato la Coop, la Esselunga, la Cedof, la Conad, tutto quanto, no soltanto i banchi di frutta e verdura in mezzo alle piazze, la grande distribuzione la Rai la dentro non c’è mai entrata.

MILENA GABANELLI IN STUDIO Entriamoci. La Grande Distribuzione abbiamo capito non passa dai mercati generali, che vendono sempre meno, ai mercatini rionali o ai negozi. La Grande Distribuzione fa accordi con il produttore, che deve essere in grado di produrre sempre, tutto l’anno , le stesse cose e in grandi quantità. Anche nelle nostre serre si produco tutto l’anno pomodori, peperoni o fragole ma molto spesso nei supermercati vediamo che questi prodotti arrivano dall’Egitto, dalla Spagna o dal Marocco, cioè da quei paesi dove il processo di industrializzazione dell’agricoltura è più spinto. Bene, almeno si risparmierà…Lo vedremo fra breve.

MILENA GABANELLI IN STUDIO Allora abbiamo visto che le carote per esempio al produttore vengono pagate 7 centesimi al chilo, tra parentesi poi ci chiediamo perché chi raccoglie frutta e verdura viene pagato una miseria e in nero, e poi le carote arrivano al negozio ad un prezzo 20 volte superiore. Ma chi lo stabilisce il prezzo? Dovrebbe essere il mercato, ma quale mercato non si è capito, perché al mercato tutti dicono "il prezzo lo fa la Grande Distribuzione", che controlla il 70% del venduto. Quindi dovrebbero essere prezzi bassi, invece l’indagine conoscitiva dell’autorità garante per la concorrenza e il mercato dice " i prezzi al consumo nei supermercati, comparti ortofrutticolo, risultano sensibilmente superiori a quelli del mercati di quartiere. C’è il suo perché e lo spiega il presidente dell’associazione che raggruppa tutti i marchi della Grande Distribuzione ad esclusione di Coop e Conad.

PIERO RICCARDI Che bisogno c’è di vendere i fagiolini d’inverno?

PAOLO BARBERINI - PRESIDENTE FEDERDISTRIBUZIONE Il problema reale è che, è sempre, non possiamo toccare ogni volta la Grande Distribuzione, la Grande Distribuzione è l’ultimo anello della catena, dobbiamo renderci conto che abbiamo creato nei nostri clienti delle aspettativa, e noi siamo qui anche per soddisfarle, è un problema anche culturale, il non voler mangiare per forza o consumare le fragole a Natale non è un discorso che può essere imputato alla Grande Distribuzione che vende le fragole è un discorso di avere il desiderio delle fragole che vengono prodotte o in serra o in altri paese europeo oppure mondiale quindi noi diamo il prodotto al nostro cliente.

PIERO RICCARDI Cioè voi dite il cliente me le chiede e io gliele do.

PAOLO BARBERINI - PRESIDENTE FEDERDISTRIBUZIONE In estrema sintesi, in estrema ratio, è questo il discorso questo noi lo facciamo perché è nel nostro dna, il nostro oggetto sociale, noi facciamo i commercianti, per cui, d’altra parte non è che possiamo disciplinare per legge quelli che sono i desideri.

PIERO RICCARDI Per esempio qui, non abbiamo tanto inscatolamento? perché questi fagiolini devono essere dentro la plastica, stiamo producendo troppa plastica o no?

PAOLO BARBERINI - PRESIDENTE FEDERDISTRIBUZIONE Quando noi vendiamo il prodotto che è già tolettato, già pulito, già mandato, dobbiamo dare la possibilità al prodotto stesso che deve essere usato e cotto immediatamente senza ulteriore processo di affinamento.

PIERO RICCARDI Questo costa al chilo 19 e 90, queste carote costano 8 e 76 al chilo, siamo andati qui vicino a Latina e le carote al produttore vengono pagate 7 centesimi. Come fa ad aumentare così tanto da 7 centesimi alla produzione a 8 e 70 al chilo?

PAOLO BARBERINI - PRESIDENTE FEDERDISTRIBUZIONE Allora dobbiamo vedere quella che è la base prodotto e quella che l’aggiunta di servizio, un prodotto di questo tipo ha un servizio insito nel prodotto stesso che è assolutamente enorme, dalla quantità di tempo che non fa spendere alla massaia nell’acquisto, alla quantità di tempo che non fa spendere alla massaia nel lavaggio, nel tagliarle e nel fare tutti quelli che sono gli atti quotidiani. Adesso purtroppo il tempo è tiranno per cui si preferisce, in alcuni casi, spendere più in servizio che non nel prodotto.

PIERO RICCARDI FUORI CAMPO La differenza tra queste carote e questa scatola di carote grattugiate è un gesto. A noi il gesto di grattugiare ci prende qualche istante. Quello che c’è dietro la scatola di carote grattugiate invece sono trasporti, plastica, energia e infine pure lo smaltimento della confezione nel termovalorizzatore. Qual è la logica economica di tutto questo? Cosenza. Università di Arcavacata. Il professor Dacrema insegna economia e ha scritto un libro sul Pil, il prodotto interno lordo. E la domanda che gli facciamo è: una carota, un pomodoro sono una merce come le altre?

PIERANGELO DACREMA - ECONOMISTA UNIV. ARCAVACATA – CALABRIA Noi siamo abituati a parlare di merci e a trattare tutto come una merce, perché, perché tutto ciò che ha un valore economico ha un prezzo, un prezzo espresso dai numeri del denaro, i numeri del denaro sono i numeri del Pil perché il Pil quantifica tutto in termini di prezzi e quindi usa la logica molto banale, se vogliamo, ma molto stringente della matematica elementare del denaro, addizione e sottrazione. Ma il valore, una buona teoria del valore tiene conto del fatto che il valore ha un senso, prima ancora che un prezzo, il prezzo non esprime il senso del valore, non esprime il significato di un bene. Ma questa ossessione della quantità e il Pil la esprime in modo eccellente, questa ossessione della quantità ci fa dimenticare che esistono dei costi di cui il Pil non tiene conto, assolutamente, ora i costi sostenuti dalla madre terra da cui sottraiamo evidentemente delle energie per produrre pomodori secondo tecniche produttive che sono criticabili sotto l’aspetto ambientale, e sotto l’aspetto dell’inquinamento, ecco quei costi non provocano una diminuzione del Pil anzi, il paradosso è che, diciamo che nella mente di tutti e in particolare della nostra classe dirigente, l’aumento del Pil è qualcosa da salutare di per sé con favore in modo positivo. Dall’altro lato si tende appunto a dimenticarsi del fatto che un disastro, un incidente stradale provoca un aumento del Pil, la produzione di armi provoca un aumento del Pil, le tante produzioni inquinanti e dannose provocano un aumento del Pil.

PIERO RICCARDI FUORI CAMPO Dunque, queste carote in scatola fanno aumentare il pil, proprio perché producono un costo ambientale, come questa petroliera che si spacca….Fa aumentare il pil perché dovrò ricostruirne un’altra e pure le coste da ripulire, i pesci e gli uccelli imbrattati da curare mi fanno alzare il pil, e quando siamo in coda sull’autostrada il pil aumenta perché bruciamo carburante, che inquina, e se l’inquinamento ci fa venire un tumore tanto meglio, malati e ospedali fanno aumentare il pil. Un incidente fa aumentare il pil. I prodotti fuori stagione fanno alzare il pil perché costa di più produrli, perché più fertilizzanti, erbicidi e pesticidi uso, aumenta il pil. E pazienza se l’aereo che porta asparagi dal Perù e fagiolini dall’Africa produce Co2 perché si alza il numeretto magico del benessere. E poi i prodotti fuori stagione posso venderli ad un prezzo più alto di uno di stagione. E’ meglio vendere un chilo di fagiolini a gennaio a 4 e 99 al chilo, che un cavolfiore a 0.99, perché anche questo fa aumentare il pil.

PAOLO BARBERINI - PRESIDENTE FEDERDISTRIBUZIONE Non è vietando il consumo che si da la possibilità al pianeta di sostenersi, secondo me è incentivando i consumi intelligenti che abbiamo la possibilità di sostenerci.

PIERO RICCARDI Il consumo intelligente è non pretendere il pomodoro d’inverno perché non è intelligente, o no?

PAOLO BARBERINI - PRESIDENTE FEDERDISTRIBUZIONE Il problema è che noi non siamo i giudici di quello che accade sul mercato noi siamo un attore di questo mercato, ogni giorno c’è una grande recita che si apre, c’è questo palcoscenico che si apre, noi recitiamo una trama che da un lato ci da la possibilità di essere protagonisti, però dall’altro abbiamo un canovaccio che è assolutamente dettato.

PIERO RICCARDI FUORI CAMPO Forse non lo sapevamo, ma quando facciamo la spesa stiamo recitando su un palcoscenico. Solo che a quel palcoscenico che è il nostro pianeta qualcuno sta segando le gambe su cui poggia e quel qualcuno siamo anche noi. E mentre ce ne stiamo andando via il presidente di Federdistribuzione ci regala la sua verità.

PIERO RICCARDI Ma lei personalmente i pomodori se li mangia d’inverno?

PAOLO BARBERINI - PRESIDENTE FEDERDISTRIBUZIONE Se lei deve fare un sugo sa molto di più il pomodoro…

PIERO RICCARDI La passata!

PAOLO BARBERINI - PRESIDENTE FEDERDISTRIBUZIONE Assolutamente, assolutamente. Perché viene fatta nel momento di produzione sul luogo di produzione. Ma io questo non glielo posso dire se no ammazzo il mercato! Voglio dire il concetto è proprio questo guardi se io adesso le apro il pachino piuttosto che un altro pomodoro e glielo spezzo e lei è con gli occhi chiusi e odora non mi dice che cosa è, se le apro una bottiglia di passata lei dice, questo è pomodoro! Perché? Perché è fatta nel momento della massima maturazione, il pomodoro ora è un finto benessere.

PIERO RICCARDI FUORI CAMPO E’ un finto benessere. Però rimane lì sul banco perché questo è il mercato. E così il nostro pomodoro non è che un oggetto, che ad occhi chiusi, con l’olfatto non riconoscerei, una merce il cui senso non è dato più dall’essere un pomodoro, ma solo, un qualcosa con la forma di un pomodoro, identico per peso, forma e colore ad altri suoi simili, come dei cloni, pure loro, che si chiamino peperoni, melanzane o mele, oggetti da tenere tutto l’anno su uno scaffale che non si svuota mai, rifornito continuamente, senza soluzione tra il mattino e la sera, l’estate e l’inverno. E per la nostra salute? Questo pomodoro verde, d’inverno, sarà lo stesso di quello che rubriche di salute di giornali e tv ci dicono che ci manterrà giovani, che ci proteggerà dai tumori?

MILENA GABANELLI IN STUDIO Le riviste che ci danno indicazioni sulle proprietà di questo o quello per mantenerci sani, o per ritardare i segni dell’età vendono parecchio, quindi la salute ci è cara. Le carote fanno bene alla pelle, i pomodori contengono il licopene che combatte i radicali liberi. E noi giù a comprare carote e pomodori. Quello che non si scrive mai è in quali condizioni il prodotto mantiene le sue caratteristiche. Le carote grattugiate vendute nella vaschetta di plastica o l’insalata già lavata e in busta hanno perso le loro proprietà, è quasi come mangiare niente. Presso il centro di scienze dell’invecchiamento dell’Università di Chieti è stata fatta una ricerca per quantificare la presenza in frutta e ortaggi di polifenoli e flavonoidi, quegli antiossidanti dalle proprietà antitumorali per i quali bisogna mangiare frutta e verdura. Cosa hanno fatto, sono andati al mercato e hanno fatto la spesa, cioè hanno analizzato gli stessi prodotti che poi finiscono sulla nostra tavola, per vedere che cosa c’è dentro. Per esempio hanno preso i pomodori, dalla catena corta, cioè quelli raccolti oggi maturi, e venduti domani o dopodomani nei mercati rionale, e i pomodori verdi. Vediamo il risultato della ricerca.

PIERO RICCARDI FUORI CAMPO Ci presentiamo con il pomodoro rigorosamente verde.

STEFANO IACOBELLI – ONCOLOGO MEDICO UNIVERSITA’ - CHIETI Questa figura mostra il contenuto di carotenoidi, essenzialmente di licopene, in vari tipi di pomodoro raccolti allorché sono verdi oppure rossi nella parte destra, si vede nettamente che i pomodori rossi, in questa zona a destra hanno un contenuto di carotenoidi in questo caso possiamo dire tranquillamente di licopene, che è nettamente superiore a tutto il resto dei pomodori.

PIERO RICCARDI Questi sono quelli verdi?

STEFANO IACOBELLI – ONCOLOGO MEDICO UNIVERSITA’ - CHIETI Questi sono raccolti verdi e quindi comunque sia il pomodoro artificiale, chiamiamolo così tra virgolette, ha un contenuto di licopene che non è paragonabile...

PIERO RICCARDI Il pomodoro verde non ha licopene.

STEFANO IACOBELLI – ONCOLOGO MEDICO UNIVERSITA’ - CHIETI Assolutamente. La cosa interessante è che anche se noi prendiamo dei pomodori verdi e poi li lasciamo maturare finché diventano rossi, non si riesce mai a raggiungere quel livello di licopene che è presente invece nei pomodori colti naturalmente in pieno campo.

PIERO RICCARDI Maturati al sole?...Perché è il sole che fa sviluppare..

STEFANO IACOBELLI – ONCOLOGO MEDICO UNIVERSITA’ - CHIETI Maturati al sole! E’ il sole che fa sviluppare, sono i raggi ultravioletti che hanno un’influenza fondamentale nel processo maturativo.

PIERO RICCARDI FUORI CAMPO Claudio Caramadre è agricoltore da più generazioni, il padre aveva un orto vicino Roma e un banco nel mercato rionale dove vendeva i suoi ortaggi. Quando Claudio prende il suo posto l’agricoltura è cambiata, lascia l’orto e diventa un agricoltore industriale, ma poi, dopo qualche anno, dentro le sue sicurezze si rompe qualcosa. Questi ora sono i suoi campi, le sue coltivazioni di radicchio, di carote, di biete, ci tiene a farci vedere che tra i cespi di insalata ci sono erbe estranee, spontanee.

PIERO RICCARDI E questo che significa?

CLAUDIO CARAMADRE - AGRICOLTORE Significa che non si è diserbato, significa che comunque viene mantenuta una biodiversità … Se noi andiamo di qua…

PIERO RICCARDI FUORI CAMPO Il signor Caramadre entra nel terreno del vicino, quello che abbiamo già visto, dove si coltivano centinaia di ettari di carote con agricoltura industriale, chimica.

CLAUDIO CARAMADRE - AGRICOLTORE …E prendiamo questo terreno, questo terreno qua…

PIERO RICCARDI FUORI CAMPO E torna nel suo terreno.

CLAUDIO CARAMADRE - AGRICOLTORE Guarda la differenza tra questi due terreni. Quando ho cominciato la conversione al bio avevo un terreno tutto come questo, sostanza organica media intorno allo 0,3, 0,4%, adesso mi sono avvicinato all’1% è un terreno vivo mentre questo è più simile al polistirolo che non alla terra, e questo è l’elemento che fa la differenza tra agricoltura biologica e agricoltura convenzionale, cioè la chimica presupponendo il fatto che tutto quello che serve alla vita della pianta può essere prodotto da un’altra parte, trasportato lì e immesso nel terreno, praticamente ha ridotto il terreno a non essere più vitale, perché tanto non gli serve la propria vita, basta che gli metti i fertilizzanti. Questo significa che nel momento in cui l’industria smetterà per un qualsiasi motivo di produrre i fertilizzanti noi avremo distrutto la vita in tutti i terreni cioè fa diventare estremamente difficile, cioè io per arrivare a questo livello c’ho messo dieci anni…

PIERO RICCARDI Per ritornare a…

CLAUDIO CARAMADRE - AGRICOLTORE Per ritornare a un 1 %, cioè per avere la possibilità di coltivare quasi senza l’uso di fertilizzanti produrre senza quasi l’uso di fertilizzanti, cioè il discorso per cui sono passato al bio, come mi sentivo dico sempre io mi sentivo un tossicodipendente, cioè praticamente il discorso che mi facevano tutti senza la chimica non si coltiva era una cosa che mi faceva inorridire. Questa è un immagine che io ho sempre, dopo aver usato prodotti chimici, dopo aver fatto i trattamenti, nonostante tutti gli strumenti di protezione che adottavo, tornare a casa, e all’epoca c’era mio figlio che aveva 4 anni no, quest’immagine che tu torni a casa e c’è tuo figlio che ti corre in contro, e tu lo blocchi a distanza, gli dici fermati, aspetta, che prima mi devo lavare, cioè mi faceva pensare, cavolo io sto tornando da lavoro agricolo e devo essere sporco, non posso abbracciare mio figlio perché se no lo inquino, se no ho paura di rilasciargli sostanze tossiche, un immagine che mi ha molto colpito, una riflessione su una cosa così banale.

PIERO RICCARDI E quindi il passaggio!

CLAUDIO CARAMADRE - AGRICOLTORE E quindi il passaggio!

PIERO RICCARDI FUORI CAMPO Prima di andarcene facciamo un piccolo esperimento.

CLAUDIO CARAMADRE - AGRICOLTORE Questo è il campo del vicino.

PIERO RICCARDI FUORI CAMPO Poi estrae le sue.

CLAUDIO CARAMADRE - AGRICOLTORE …e considerando che su questa carota non abbiamo fatto nessun intervento chimico, di nessun tipo cioè neanche con il rame niente.

PIERO RICCARDI FUORI CAMPO E confronta i due mazzi di carote.

CLAUDIO CARAMADRE - AGRICOLTORE Questo è convenzionale e questo bio… Addirittura sono pure più belle!

PIERO RICCARDI FUORI CAMPO Forse sono qualcosa di più che solo belle! Roma, Università La Sapienza, dipartimento di storia contemporanea, il professor Piero Bevilacqua ha elaborato la teoria dei paradossi capitali dell’agricoltura industriale chimica, quella che lui stesso ha definito una partita di giro truccata.

PIERO BEVILACQUA - STORICO UNIV. LA SAPIENZA - ROMA I concimi chimici diversamente da quanto era accaduto in tutta la precedente storia dell’umanità non fertilizzano più la terra ma fertilizzano direttamente la pianta. La concimazione chimica ripetuta nel corso di decenni finisce con l’impoverire la sostanza organica nel terreno, finisce con il favorire l’accumulo di metalli pesanti, il terreno si isterilisce, diventa pesante e naturalmente la pianta vive in un habitat artificiale, questa pianta può sopravvivere solo se costantemente medicalizzata.

PIERO RICCARDI FUORI CAMPO Questa della sostanza organica è la partita attorno la quale si gioca il futuro dell’ agricoltura sostenibile. La perdita di sostanza organica nei terreni è una delle più grandi fonti di produzione di gas serra perché è proprio la sostanza organica a trattenere il carbonio prodotto dalla fotosintesi delle piante. Arare, diserbare, fertilizzare chimicamente, significa liberare di nuovo nell’aria quel carbonio. Un grammo di carbonio liberato ne produce 3,6 di CO2.

Prima dell’avvento dell’agricoltura industriale il suolo agricolo italiano conteneva in media 130 tonnellate per ettaro di carbonio, oggi meno di 70, significa che negli ultimi 50-100 anni, l’agricoltura intensiva ha prodotto 80 milioni di tonnellate di CO2 all’anno, un quinto di quanta se ne produce in Italia in un anno.

WULF KILLMANN – DIR. DIPARTIMENTO FORESTALE - FAO Dovremmo riflettere, quando pensiamo di ridurre per esempio i fertilizzanti o quando diminuiamo le arature, noi dovremmo considerare quale potrebbe essere il contributo al cambiamento climatico, certo dipende dal tipo di terreno, dai luoghi, perché non funziona ovunque, ma in certe situazioni agricole si può fare quello che si chiama tecnicamente low tillage, ovvero un basso o ridotto sfruttamento dei terreni, che di nuovo previene emissioni di carbonio, insomma io, noi non siamo contro la moderna agricoltura, al contrario, ma dobbiamo ripensare come fare e dove per adattare i nostri sistemi agricoli di produzione.

PIERO RICCARDI FUORI CAMPO Bra è il cuore delle Langhe piemontesi. Questa è la sede storica di Slow Food, un’associazione che nasce negli anni ’80 come risposta al Fast Food, e che fa della scelta del cibo un atto responsabile. Tutto nasce da un’idea di Carlo Petrini che quando incontriamo a Bra è stato appena inserito dal quotidiano inglese The Guardian tra le 50 personalità, unico italiano, che potrebbero salvare il pianeta dai danni dell’effetto serra.

CARLO PETRINI - PRESIDENTE SLOW FOOD Nel momento in cui facciamo le scelte tutti siamo dei gastronomi e siccome ognuno di noi fa delle scelte, nel momento in cui fa delle scelte sul proprio cibo, in qualche misura, non solo è gastronomo ma è anche contadino, sceglie lui che tipo di agricoltura aiutare, sceglie lui che tipo di agricoltura sostenere e allora da questo punto di vista le opzioni e le scelte devono essere responsabili.

PIERO RICCARDI L’agricoltura sostenibile è per tutti, oppure ci vuole quell’agricoltura industriale?

CARLO PETRINI - PRESIDENTE SLOW FOOD Allora è assolutamente dimostrabile che un’agricoltura rispettosa dell’ambiente di piccola scala è assolutamente più produttiva e più sostenibile che un’agricoltura massiva, di larga scala, nel senso che produce di più, perché consente anche in piccole realtà territoriali la rotazione delle coltivazioni e consente un utilizzo dei terreni in modo più intelligente, questa è la nuova forma della modernità, avere la cultura, la conoscenza e la saggezza per tornare a ritmi che rispettino la stagionalità e la produzione locale.

PIERO RICCARDI FUORI CAMPO Veri e propri progetti agricoli sostenibili sono i Presidi nati attorno a Slow Food, 200 in Italia e altri 100 nel mondo. Fossano, Cuneo. Sergio Capaldo è l’ispiratore e il motore di una associazione di allevatori, che nasce quando, veterinario, capisce che l’allevatore ormai doveva sottostare a troppi compromessi.

SERGIO CAPALDO - VETERINARIO Vedevo proprio che i più bravi volevano smettere, i figli lasciavano l’attività perché dicevano tanto non c’è niente da fare, è proprio la mentalità del vinto, veramente, se tu non entravi nella grande distribuzione, se non facevi così, se non usavi quell’integratore, se non facevi tutto quello che noi non volevamo che a volte avvenisse, sembrava che tu fossi un perdente. Sempre questa mentalità di dire, no vince il furbo, non vince chi è onesto, questo è stata una sfida che io ho voluto lanciare.

PIERO RICCARDI FUORI CAMPO Ci racconta che quando nacque, nel 2000, l’associazione contava 16 allevatori, oggi sono 65. Questa è l’azienda di uno di loro.

SERGIO CAPALDO - VETERINARIO L’arte di fare il fieno buono è fondamentale…

PIERDOMENICO DOTTA - ALLEVATORE Si vede che è un altro prodotto, ma sembra veramente fresco.

PIERO RICCARDI Perché questo allevamento è sostenibile?

SERGIO CAPALDO - VETERINARIO Sostenibile perché, noi l’abbiamo inserito in un programma dove l’alimentazione non è un’alimentazione fuori del mondo che viene a costare più delle altre, è questione che loro hanno la terra, coltivano, fanno i loro fieni, il loro mais…

PIERO RICCARDI Dove vengono coltivati?

SERGIO CAPALDO - VETERINARIO …Ma qui attorno loro hanno abbastanza terra oppure, a volte abbiamo il consorzio dove uno compra i cereali e i foraggi della zona. Però è importante saperli scegliere e lavorare e il costo non è maggiore degli altri. Il letame è fondamentale perché la qualità di tutto quello che coltiviamo viene dato dalla concimazione. Una sana alimentazione un modo non stressante di vivere, avere un ciclo così, ti porta a non avere praticamente trattamenti, non hai proprio bisogno di andarti a inventare queste cose qui.

PIERO RICCARDI Cosa che invece gli allevamenti intensivi...

SERGIO CAPALDO - VETERINARIO Quando io ho molti animali perché la patologia di gruppo, l’allevamento intensivo ti porta lo spostamento degli animali, ti porta veramente ad aver dei problemi d’influenza. Esiste il problema del sovraffollamento degli animali, invece sapere che…

PIERO RICCARDI …E quindi antibiotici?

SERGIO CAPALDO - VETERINARIO …Sei obbligato a fare trattamenti, antinfiammatori, antibiotici e poi la corsa a far crescere questi animali, perché parliamoci chiaro, non è soltanto chi produce che è il monello, è anche chi vende la merce che a volte chiede che le masse muscolari siano più sviluppate per poter avere più diciamo guadagno.

PIERO RICCARDI FUORI CAMPO L’essenza è tutta lì: non è stato inventato niente. L’allevamento sostenibile è quello dove il numero di capi è proporzionato ai terreni dell’azienda dove l’allevatore produce da sé il foraggio e gli alimenti necessari, fertilizzati con lo stesso letame dei suoi animali, che è sano perché non contiene medicinali e altri chimici, perché se il cibo è buono l’animale sta bene e non servono i medicinali. Per tutti gli allevatori del presidio prodursi l’alimentazione in azienda è fondamentale, anche perché non si dipende dagli acquisti esterni e se il costo del mais e dei mangimi a livello mondiale aumenta all’azienda non importa, il costo di allevamento rimane certo.

SERGIO CAPALDO - VETERINARIO Non è la logica di chi vende che deve decidere come noi dobbiamo produrre, ma è al contrario, io consumatore, dato che non tutti facciamo questo lavoro, io però tramite il cibo voglio che il mio ambiente venga mantenuto e voglio curami con la qualità del cibo.

PIERO RICCARDI FUORI CAMPO Ma per allevare bisogna garantirsi il prezzo giusto e per garantirsi il prezzo giusto gli allevatori del Presidio hanno deciso di controllare anche il resto della filiera: la distribuzione. Tutto qui è moderno, efficiente, computerizzata la tracciabilità e le forniture che sono gestite direttamente, senza intermediari. Ma il prezzo finale? Quello ai consumatori? Torino, Eataly è un luogo del cibo, un grande mercato molto particolare, niente offerte speciali, vino sfuso a 2 euro vicino alle bottiglie di marca, caffè importato direttamente dal Guatemala, pagato tre volte di più ai contadini ma venduto sugli scaffali a 1 euro l’etto. Qui troviamo in vendita la carne dei nostri allevatori.

OSCAR FARINETTI - EATALY Noi gli garantiamo di acquistare tutte le carni, mediamente paghiamo il 20% più del mercato, e alla fine riusciamo a venderlo al pubblico al prezzo delle macellerie ordinarie, non è più cara, però noi non abbiamo i così detti commercianti in mezzo paghiamo direttamente la carne agli allevatori. Questi è l’hamburger, e questo costa 13 euro e 20 al chilogrammo, quindi diciamo che con 5 euro si possono comprare tre hamburger da 130 grammi e si può mangiare in tre bene.

PIERO RICCARDI FUORI CAMPO Per chi fa agricoltura in modo diverso, sostenibile, quello della commercializzazione è un tema fondamentale. Ma non solo, conta anche cosa si produce. Questa è un’azienda che produce mele con metodo biologico, mele antiche.

PIERO RICCARDI Che significa mele antiche?

DARIO MARTINA -AGRICOLTORE Che significa mele antiche? Mele antiche sono le mele… antiche! Quelle che dai Romani dai Greci sono arrivate fino a noi, io dico, non dai Greci ma dai Celti insomma, ci sono mele che hanno un origine celtica, penso hanno 2000 anni.

PIERO RICCARDI Quante ce ne sono?

DARIO MARTINA -AGRICOLTORE Qui ne abbiamo, raccolte ancora adesso 400, 450 che ci sono nel senso che ci sono, le abbiamo raccolte, conservate, però altre siamo arrivati non più in tempo. E lo straordinario è che poi adesso scopriamo perché ci ricerchiamo sopra che quella biodiversità lì è portatrice per esempio di valori nutriceutici, nutrizionali, vitamine, polifenoli ricchissima che nessun altra mela ha, oppure che sono straordinariamente resistenti alle malattie quindi permettono facilmente di fare quel biologico che con le varietà tradizionali incontra difficoltà. Adesso ripiantando invece si ripianta con i criteri moderni, cioè con le file distanti 4 metri, però le varietà sono quelle, le caratteristiche delle mele sono quelle. Questa è la famosa Grigia di Torriana ad esempio.

PIERO RICCARDI Bella!

DARIO MARTINA - AGRICOLTORE Questa è una mela strepitosa, una delle migliori mele da cottura e questa è la Gamba Fina, una mela ancora estiva, piatta, molto dolce…

PIERO RICCARDI Ma io vorrei capire perché a un certo punto questa qui ha perso…perché un supermercato ha detto queste non sono per me?

DARIO MARTINA - AGRICOLTORE Hai mai sentito parlare del colonialismo? Esiste il colonialismo! Quando uno occupa un territorio di un altro quello è un colono, allora le mele americane hanno colonizzato le mele della biodiversità italiana…

PIERO RICCARDI Queste mele hanno poi un valore maggiore, perché sono più resistenti alle malattie, hanno una varietà…

DARIO MARTINA - AGRICOLTORE Il fatto che siano resistenti alle malattie era un canone obbligatorio perché il contadino le adottasse, perché il principio, ma vale per le mele, come per le pere, come per tutta la frutta e la verdura, che si è evoluta su un determinato luogo con la complicità del contadino.

PIERO RICCARDI FUORI CAMPO Produrre una varietà antica di mele non è un vezzo o una nostalgia, significa contare su una varietà più resistente alle malattie di quel posto, significa poter non usare pesticidi e insetticidi chimici, insomma fare un’agricoltura più pulita. E i frutti? Gli ortaggi? Sono migliori? Questo è uno studio dell’Università di California Davis del 2006 e lascia pochi dubbi. La ricerca è durata 10 anni, la superiorità del biologico emerge chiaramente. Di media i pomodori Bio avevano il 79% in più di quercetina e 97% in più di canferolo. Antiossidanti appunto. Anche questo studio dell’italiano Inran Istituto per la nutrizione conferma che pesche e pere bio sono superiori a quelle prodotte con agricoltura chimica per sostanze nutritive, vitamine, antiossidanti.

MARIATERESA RUSSO - CHIMICA DEGLI ALIMENTI UNIV. REGGIO CALABRIA Noi siamo qua comunque in un laboratorio integrato forse è uno dei pochissimi esempi esistenti qua in Italia. Questo è laboratorio integra un Centro di ricerca regionale che è il centro di ricerca agroalimentare con le competenze della facoltà di Agraria dell’Università mediterranea di Reggio Calabria.

PIERO RICCARDI FUORI CAMPO Qui, tra l’altro si fanno misurazioni di qualità.

PIERO RICCARDI C’è una differenza tra un prodotto che ha avuto molto azoto chimico e invece un prodotto che è più biologico?

MARIATERESA RUSSO - CHIMICA DEGLI ALIMENTI UNIV. REGGIO CALABRIA Assolutamente si, perché la concimazione su un prodotto alimentare, quindi su un frutto ha un riflesso immediato sulla composizione chimica del prodotto. Diciamo che comunque prodotti alimentari ottenuti con metodo biologico hanno delle caratteristiche edonistiche e anche delle sostanze che definiscono l’aspetto nutrizionale per alcuni versi migliore.

PIERO RICCARDI FUORI CAMPO Ma nel laboratorio si fa altro, per esempio si estraggono sostanze naturali da vegetali da usare nella lotta biologica alle malattie. E qui incontriamo appunto uno dei più importanti esperti di agricoltura biologica in Italia, anche la sua storia professionale in agricoltura inizia con insetticidi e pesticidi chimici, poi si fa due calcoli.

FRANCESCO SANTOPOLO - ESPERTO AGRICOLTURA BIOLOGICA Nel 1940 avevamo 6 molecole e 31 prodotti, nel 1988 avevamo 381 molecole e 3080 prodotti e i danni da insetti sono aumentati del 6% e i danni da funghi del 1,5%. E’ una spirale perversa la definisco io.

PIERO RICCARDI Quando uno pensa al biologico dice va be è un ritorno indietro, quasi primitivo.

FRANCESCO SANTOPOLO - ESPERTO AGRICOLTURA BIOLOGICA No, il biologico è la forma più avanzata di agricoltura possibile perché mette in gioco una serie di competenze, soprattutto restituisce a chi opera nel biologico la sua competenza,

noi del biologico non facciamo ricorso ai mezzi tecnici subito, anche quando ne disponiamo, prima cerchiamo di vedere l’ambiente come sta rispondendo o alla presenza di un nuovo organismo oppure ad una crescita smisurata della popolazione di quell’organismo, se l’ambiente ha difficoltà a rispondere allora lo aiutiamo inserendo delle molecole naturali o organismi predatori o parassitoidi per dargli una mano.

PIERO RICCARDI FUORI CAMPO Le consulenze di Francesco Santopolo sono il motore che ha spinto molte aziende che producono agrumi, olio, vino in Calabria, Basilicata, Campania, Sicilia a trasformarsi in aziende biologiche. Ma i costi? Perché una delle obiezioni al biologico è che costa di più e rende di meno.

FRANCESCO SANTOPOLO - ESPERTO AGRICOLTURA BIOLOGICA Assolutamente no, potrei fare alcuni esempi di conti che abbiamo fatto di aziende biologiche che spendevano in convenzionale una certa cifra e che in biologico spendevano un terzo di quello che avevano speso prima.

PIERO RICCARDI FUORI CAMPO Aziende biologiche che spendono un terzo in prodotti. Qui siamo a trenta chilometri da Cosenza. Si produce vino e olio entrambi in biologico. Chiediamo: costi e rese.

PIERO RICCARDI Costa più produrre biologico o no?

LIDIA MATERA - IMPRENDITRICE AGRICOLA Molto meno perché praticamente, la concimazione non si fa quasi più, si utilizza solo del letame e lo si prende dalle aziende limitrofe, si semina il favino si fa il sovescio del favino.

FRANCESCO SANTOPOLO - ESPERTO AGRICOLTURA BIOLOGICA L’ultimo anno ne abbiamo discusso con lei, il conto di concime effettuato si aggira attorno a 13 milioni, l’anno successivo 1 e 8, 1 e 7.

PIERO RICCARDI Gli ulivi producono uguale, tanto quanto…?

LIDIA MATERA - IMPRENDITRICE AGRICOLA Nello stesso identico modo… anzi da quando io poi sono entrata nel biologico, proprio perché non ho più fatto trattamenti contro le mosche e quant’altro ho aumentato la qualità pure dell’olio.

PIERO RICCARDI FUORI CAMPO Ma biologico non è solo assenza di pesticidi e fertilizzanti chimici. Base dell’agricoltura biologica è lasciare inerbiti i campi con le erbe spontanee per produrre quella sostanza organica nel terreno che permette di non usare i fertilizzanti chimici e questa è proprio quella pratica indicata dalla Fao per contenere la produzione di gas serra.

MILENA GABANELLI IN STUDIO Cercando qualche dato abbiamo trovato che l’Istituto nazionale per la nutrizione delle piante ha calcolato il rapporto fra perdita di sostanza organica nei terreni, dovuta a continui cicli di arature e concimazioni chimiche, e la produzione di anidride carbonica. In che modo? Sappiamo che l’erba e le foglie metabolizzano tramite fotosintesi l’anidride carbonica, liberano l’ossigeno nell’aria e trattengono il carbonio che si fissa nel terreno e si combina con le sostanze organiche. I continui cicli di aratura e di concimazione chimica distruggono le sostanze organiche, si libera il carbonio nell’aria che combinandosi con l’ossigeno diventa anidride carbonica. In sostanza ogni volta che viene arato un campo iperconcimato, contribuisci all’emissione di gas serra tanto quanto una colonna di tir. I dati ahimè sono impressionanti. E li vediamo dopo la pubblicità.

MILENA GABANELLI IN STUDIO Allora Il protocollo di Kyoto, sempre lui a partire da gennaio quest’anno per i prossimi 4 anni, dice che dobbiamo ridurre l’emissione di gas serra del 6,5%, pena una multa salatissima. Siccome non abbiamo ancora fatto nulla, sul sito del kyoto club c’è un contatore che misura in tempo reale il debito che l’Italia sta accumulando: 47 euro al secondo, più di 4 milioni di euro al giorno. Ma pare che la cosa non ci interessi granché. Eppure secondo l’istituto nazionale per la nutrizione delle piante, per rientrare nei parametri, basterebbe imprigionare dentro i nostri 13 milioni di terreni agricoli lo 0,1% di carbonio. Quel carbonio che viene liberato dalle continue arature di terreni iperconcimati chimicamente. Quindi bisognerebbe fare quello che già fa l’agricoltura biologica già fa. Ma c’è chi sostiene che questo metodo provocherebbe una carenza di cibo.

PIERO RICCARDI FUORI CAMPO Napoli università Federico secondo. Dipartimento di Economia agraria.

MARIA FONTE - ECONOMISTA AGRARIA UNIV. FEDERICO II - NAPOLI C’è un gruppo di ricercatori dell’Università del Michigan negli Stati Uniti i quali proprio rispondendo a questa preoccupazione hanno portato avanti un grande lavoro di ricerca passando in rassegna circa trecento lavori, i quali mettevano a confronto le rese del biologico e le rese dell’agricoltura convenzionale. Hanno trovato che in media diciamo le rese se tutta

l’agricoltura per esempio dei paesi sviluppati, fosse coltivata con metodi di agricoltura biologica, in media le rese sarebbero inferiori di un 10%, delle rese attuali diciamo. Mentre per i paesi in via di sviluppo e questo è un punto molto importante la disponibilità alimentare aumenterebbe se diciamo i sistemi oggi vigenti fossero trasformati con metodi di agricoltura biologica.

PIERO RICCARDI FUORI CAMPO Bologna. Che il problema del cibo e dunque dell’agricoltura non sia un problema di carenza, che anzi nei paesi ricchi di cibo ce n’è fin troppo lo racconta questa storia, troppo da dover essere gettato via, nei rifiuti. Andiamo nel retro di questo ipermercato, dietro le quinte. Mentre arriva nuova merce pronta per gli scaffali questa signora sta lavorando con altra merce.

DIPENDENTE CONAD LECLERC Questo è un terminale, che io sparo il codice …poi viene tutto scaricato.

PIERO RICCARDI FUORI CAMPO Questa merce in termini tecnici viene svalorizzata, in pratica è scarto, per il supermercato rifiuto.

PIERO RICCARDI Perché questa carne viene scartata?

DIPENDENTE CONAD LECLERC Perché scade domani, ha la scadenza, domani o dopodomani o il giorno stesso e noi dobbiamo tirarla su. Non si può fare altrimenti. C’è di tutto, tutto quello che è possibile.

PIERO RICCARDI Allora vediamo…ci sono banane, vediamo…

DIPENDENTE CONAD LECLERC C’è l’insalata c’è il pane…

PIERO RICCARDI C’è il minestrone costoso, perché questo viene buttato?

DIPENDENTE CONAD LECLERC Perché scade fra due giorni.

PIERO RICCARDI Che cosa abbiamo qui? Abbiamo Cicorino.

DIPENDENTE CONAD LECLERC Questo vede è su 2 giorno prima perché scade il 7.

PIERO RICCARDI Questo… questa è un ottima insalata.

DIPENDENTE CONAD LECLERC Anche quello, le banane perché sono molto mature, questo scade domani, dopodomani, bisogna vedere qua, domani.

PIERO RICCARDI Questo scade domani.

PIERO RICCARDI FUORI CAMPO Insomma scarto, o meglio lo era. Un paio di chilometri dal centro commerciale c’è la facoltà di agraria dell’Università di Bologna. Il professor Andrea Segré è il Preside.

ANDREA SEGRÉ - PRESIDE FACOLTÀ DI AGRARIA UNIV. BOLOGNA L’idea e poi la pratica del Last Minute Market è nata alla fine degli anni 90 quando invitai un mio ex studente che aveva trovato lavoro in un grande ipermercato vicino in regione in Emilia Romagna per fare una lezione, per rendere le lezioni più vive invito sempre qualcuno che viene dal campo. Ha fatto un seminario molto interessate in cui magnificava questa grande struttura distributiva che aveva ben 50.000 referenze, cioè vendeva 50.000 prodotti diversi e uno studente in modo apparentemente ingenuo gli chiese, ma vendete proprio tutto? Lui bofonchiò una risposta abbastanza poco convincente per dire la verità, siam li a posta vendiamo tutto, lo chiamai nel mio piccolo studio di allora e gli chiesi, qual è il problema e lui disse, venga e gli lo faccio vedere.

PIERO RICCARDI FUORI CAMPO In pratica il professore vide quello che sta facendo ora questa dipendente dell’ipermercato, anzi peggio perché tutta questa buona roba finiva qui, nel container dei rifiuti. Allora il professore chiamò alcuni studenti che si misero a quantificare tutto quel cibo.

PIERO RICCARDI Avete fatto un calcolo, quant’è lo spreco?

ANDREA SEGRÉ - PRESIDE FACOLTÀ DI AGRARIA UNIV. BOLOGNA Enorme, dopo sette mesi ci siamo fermati perché abbiam capito che dal grande sprecone, ma non è l’unico, l’ipermercato ci siamo resi conto che si possono recuperare qualcosa come 170 tonnellate di cibo perfettamente consumabile.

PIERO RICCARDI FUORI CAMPO Così nasce Last Minute Market, letteralmente il Mercato dell’ultimo minuto. La sede è nei locali della stessa università. Sono in 4, studenti o ex. Il loro lavoro, inventariare lo spreco di un ipermercato che ha bisogno di buttare cibo, trovare nelle vicinanze chi ha bisogno di cibo per la mensa dei suoi assistiti, una casa famiglia per esempio, e ottenere i permessi burocratici per redistribuire quelli che altrimenti sarebbero rifiuti. Attualmente sono quattro i supermercati che hanno accettato. Chiediamo avete calcolato il potenziale spreco su scala nazionale?

SABINA MORGANTI - LAST MINUTE MARKET Allora se consideriamo tutte le tipologie distributive cash and carry, ipermercati, supermercati e piccoli dettaglio il potenziale quantità di beni alimentari recuperabili sono pari a 238mila tonnellate, ovviamente un dato nazionale, considerando Italia.

PIERO RICCARDI FUORI CAMPO Dunque calcolando un valore medio per chilo di cibo recuperato di 3 euro e 70 centesimi, otteniamo uno spreco di 881 milioni di euro, che potrebbe sfamare 620 mila persone in un anno pari a 566 milioni di pasti all’anno. Sono cifre impressionanti, ma per noi tutto questo è solo il benessere.

PIERO RICCARDI Perché tutto questo spreco?

STEFANO CAVAGNA - DIRETTORE IPERMERCATO CONAD - LECLERC - BOLOGNA Si be’ è un area di scarto che è assolutamente fisiologica nelle strutture della Grande Distribuzione, dobbiamo considerare che il cliente considera un prodotto non vendibile già ad alcuni giorni dalla scadenza naturale del prodotto e per tanto noi provvediamo comunque a ritirarlo dagli scaffali.

PIERO RICCARDI Scarto fisiologico per la Grande Distribuzione. Ma lo scarto dei supermercati è solo il terminale di una catena che inizia dal campo. Il giovane agricoltore di Latina ci diceva che il 15% dei pomodori o delle zucchine rimane sul campo, un altro 15% lo scarta il consorzio che incassetta le zucchine ad esempio, magari solo perché una è storta.

PIERO RICCARDI Questo è solo storta forse?

PRESIDENTE Si è una deformazione.

PIERO RICCARDI FUORI CAMPO A ogni passaggio di mano c’è uno scarto, anche ai mercati generali, come questo di Cesena, queste cassette di ortaggi sono scarto.

GROSSISTA 1 Perché ha il gambo secco, ha paura che sia andato a male. Anche se alla fine non lo è!

PIERO RICCARDI A si è un pò rinsecchito diciamo questo gambo!

PIERO RICCARDI FUORI CAMPO Anche qui il progetto last Minute Market sta cercando di recuperare. Questi sono scarti recuperati. E anche questi cavoli sul furgone erano pronti per essere gettati.

GROSSISTA 1 Quando fa caldo i cavolfiori soprattutto sono merce che non tiene neanche, ha bisogno del freddo.

PIERO RICCARDI FUORI CAMPO Siamo in febbraio ma siccome c’è qualche giornata un po’ più calda i cavolfiori, che vengono percepiti come cibo invernale, diventano scarto. Però accanto troviamo in vendita i famosi mazzetti di asparagi dal Perù che fanno tanto primavera, anche se hanno inquinato mezzo mondo con la loro scia di cherosene. Ma lo scarto, è davvero fisiologico? Cascina, Pisa. Questa è l’azienda biologica Colombini qui lo scarto non sanno nemmeno cosa sia. L’azienda fa parte di una rete di Gas, gruppi d’acquisto solidali, in pratica un gruppo di persone o famiglie della zona che si uniscono e organizzano acquisti comuni, direttamente da un’azienda. Ma andiamo con ordine. L’azienda è una come tante che producono ortaggi, certo è biologica, ma comunque produce sedani, cavolfiori, finocchi, insalate solo che queste verdure non finiranno mai sul banco di un supermercato, magari a qualche migliaio di chilometri o in un mercato generale in cerca di un compratore. I compratori già li ha, addirittura dalla semina.

ALESSANDRO COLOMBINI - AGRICOLTORE Quando arriviamo nel periodi di gennaio noi dobbiamo programmare che cosa mettere in campo, quindi programmare le semine fin quasi tutte l’estate, quindi noi facciamo un programma che noi l’abbiamo sempre fatto, lo mettiamo sul sito internet e abbiamo un Forum dove diciamo, guardate il nostro programma aziendale per l’anno 2008 sarà questo, cosa ne pensate? Molti rispondono sul Forum per quello che vogliono consigliare, altri, questo è il gruppo di Castiglioncello, che ha elencato, la coordinatrice gli ha stampato i vari prodotti che noi abbiamo programmato e ognuno ha messo delle note su quello che voleva. Qui c’è anguria, no non gradita… bietola, no altro fornitore…carciofi, si,si e così via e sono su tutte… non tutte sono uguali, ognuno ha fatto quello che credeva.

PIERO RICCARDI E a livello di sprechi?

ALESSANDRO COLOMBINI - AGRICOLTORE Sprechi di prodotto?...No perché in genere tutto viene redistribuito.

PIERO RICCARDI FUORI CAMPO Semplice, la scelta dei consumatori si può esprimere addirittura alla semina, risultato… niente scarti. Dunque, le verdure raccolte giornalmente vengono divise in buste, da 5 o 7 euro, dove c’è un po’ di tutto, carote, insalate, verdure da cuocere, cipolle, insomma quello che occorre a una famiglia per la settimana, ma anche quello che sta producendo l’azienda in quel momento, biologico e di stagione. E ogni giorno, a turni fissi settimanali vengono riforniti i vari gruppi d’acquisto, Pisa, Pontedera, Empoli, un migliaio di famiglie. Oggi, mercoledì, è il turno dei Gas di Cascina e Calci.

PIERO RICCARDI Come si forma il prezzo di una busta?

ALESSANDRO COLOMBINI - AGRICOLTORE Il peso che c’è all’interno varia, non è sempre un peso stabile, noi cerchiamo di mantenerlo mediamente sull’1 e 70 al chilo, però hai visto c’erano dei broccoli, c’erano delle carote, dei finocchi, a volte ci solo le patate, a volte ci sono le fragole, a secondo delle stagioni, non si riesce alla produzione a identificare o il singolo prodotto con un determinato prezzo.

PIERO RICCARDI Cioè tutti i prodotti hanno lo stesso prezzo?

ALESSANDRO COLOMBINI - AGRICOLTORE Tutti i prodotti hanno lo stesso prezzo.

PIERO RICCARDI Quindi non possiamo dire le carote stanno a 7 centesimi al chilo?

ALESSANDRO COLOMBINI - AGRICOLTORE No assolutamente no, non lo possiamo dire questo, nella nostra realtà questo non succede.

PIERO RICCARDI FUORI CAMPO Nelle buste, carote, broccoli, fragole tutto ha lo stesso prezzo, tutto costa mediamente 1 euro e 70 al chilo e le carote industriali da 7 centesimi sembrano lontane anni luce, lontani anni luce gli sprechi nel campo, perché al contadino il prezzo non ripaga neppure la raccolta, gli sprechi nei mercati generali solo perché un gambo è un po’ appassito, e nei supermercati dove una retina di arance viene gettata nella spazzatura solo perché una è ammaccata, sembrano lontani anni luce con la loro inefficienza, i prezzi alti, gli imballaggi che costano più del prodotto e paiono fatti apposta solo per alimentare i termovalorizzatori. Qui tutto funziona diversamente, i consumatori intervengono sul piano di semine, gli sprechi sono zero perché tutto quello che viene prodotto finisce nelle buste dei consumatori e per l’agricoltore non c’è nulla che non valga la pena di essere raccolto. Tutto qui è efficiente ed economico, e tutto sembra così semplice.

DONNA - GAS CALCI Bastano 2, 3 famiglie per cominciare…

UOMO - GAS CALCI C’è chi lo fa gusto, per tradizione, per rispetto ambientale, per convinzione etica, ma anche per un risparmio, perché alla fine c’è comunque un risparmio. Anche se questo non è un obiettivo dichiarato in un gruppo d’acquisto.

PIERO RICCARDI Però è importante?

UOMO - GAS CALCI E’ molto importante.

DONNA - GAS CALCI Ci sono state diverse persone del nostro gruppo che quando hanno cominciato a prendere le buste, hanno preso la busta l’hanno scomposta nelle varie verdure, sono andati ad un supermercato e hanno fatto il confronto, non con il biologico, che sarebbe il pari qualità, ma con il convenzionale e questo confronto è risultato sempre positivo nei confronti dei nostri produttori, quindi vuol dire che l’economia è forte insomma.

PIERO RICCARDI FUORI CAMPO I Gruppi di acquisto solidale o gas in Italia oggi sono centinaia da quando nacque il primo, nel 1994. Ma non ci sono solo i gas per avvicinare chi produce e chi compra. Monselice, Padova. Consumatori e agricoltori e in mezzo nessuno. Si chiamano mercati locali, la particolarità è che a vendere sono gli agricoltori stessi e sono tutti della zona.

PIERO RICCARDI Questa è tutta roba di qui, prodotta da voi?

PRODUTTORE Assolutamente si!

PIERO RICCARDI Della vostra azienda?

PRODUTTORE Della mia azienda!

PIERO RICCARDI Che sta?

PRODUTTORE A circa 5 chilometri da qui.

PIERO RICCARDI Viene qui da molto?

DONNA 1 Si praticamente da quando l’hanno aperto.

PIERO RICCARDI Come mai? Si trova bene?

DONNA 1 Perché i prezzi sono decisamente inferiori essendo loro i produttori e il costo è decisamente inferiore, oltre che essere molto buoni.

PENSIONATO Rispetto al supermercato sono inferiori del 15, 20%!

PIERO RICCARDI E’ tutta roba di stagione questa?

MAURO BERTIN - DIRETTORE MERCATO MONSELICE Si, si, il prodotto è raccolto il giorno prima e nel caso addirittura del mercato del mercoledì che apriamo il pomeriggio il prodotto è raccolto al mattino.

PIERO RICCARDI FUORI CAMPO A sostenere la nascita di questi mercati locali è la Coldiretti, che ha spinto per inserirne l’istituzione nella finanziaria 2007. Tutti i comuni possono fare richiesta per avviare i loro mercati locali e già oggi gli esempi sono tanti, Taranto, Trento, Torino, Arezzo, Bari.

DONNA 1 C’è qualità, c’è scelta e i costi sono anche vantaggiosi.

UOMO Economica ma soprattutto dal punto di vista della qualità.

PIERO RICCARDI Per arrivare a questo negozio quanti chilometri fa?

VENDITORE Il tratto da Monopoli a Bari.

PIERO RICCARDI Quindi viaggia poco?

VENDITORE Viaggia pochissimo, tant’è che siamo gli unici a fare il carico due volte al giorno, a livello di freschezza del prodotto praticamente.

PIERO RICCARDI E solo una questione di prezzo?

DONNA 3 No è un principio…dal produttore al consumatore mi va bene.

STEFANO MASINI - RESP. AMBIENTE E TERRITORIO COLDIRETTI L’agricoltore offre direttamente al consumatore un prodotto, privo anche di quei rivestimenti imballaggi, spesso inutili, spesso in grado soltanto di costruire intorno al prodotto un’apparenza che inganna magari circa il contenuto, le caratteristiche essenziali. Allora nel mercato degli agricoltori, oltre al chilometro zero si imposta e si costruisce un prodotto a rifiuto zero.

PIERO RICCARDI FUORI CAMPO Questo del chilometro zero, la Coldiretti, in Veneto ad esempio, lo ha fatto diventare un vero e proprio logo, un marchio da attribuire lì dove si consuma cibo, condizione: che il cibo sia locale, di stagione e arrivi senza tanti trasporti. Magari, appunto, a chilometri zero. Come in questa scuola di Adria, dove nel solito distributore delle merende si è pensato…

LORENZA BELLETTATO - COLDIRETTI - VENETO …Di sostituire appunto le merende pattumiere con merende sane con prodotti del territorio, prodotti locali.

PIERO RICCARDI FUORI CAMPO O come a Porto Viro sul delta del Po. In questa scuola materna ai bambini viene servito riso biologico.

VALENTINO MARANGON - PRODUTTORE RISO BIOLOGICO Questo è riso biologico che viene prodotto nella mia azienda, qua vicino.

PIERO RICCARDI Quanti chilometri da qua?

VALENTINO MARANGON - PRODUTTORE RISO BIOLOGICO In linea d’aria sono circa 20 chilometri dove io ho l’azienda agricola.

PIERO RICCARDI Insomma a chilometri 0?

VALENTINO MARANGON - PRODUTTORE RISO BIOLOGICO Però dove ho il punto vendita sono chilometri 0 perché è dove abito.

PIERO RICCARDI FUORI CAMPO Chilometro zero è la fattoria che vende il latte direttamente, come questa alle porte di Padova.

GELSOMINO CAPUZZO - ALLEVATORE In pratica si può mettere o la monetina o la tessera prepagata, si inserisce, basta premere e in base ai soldi che si mettono dentro la macchina eroga il latte.

PIERO RICCARDI FUORI CAMPO Funziona così, dietro l’erogatore c’è la stalla, le vacche vengono munte ogni mattina, il latte passa in questo recipiente refrigerato e da qui va direttamente all’erogatore. Intero, senza lavorazioni.

PIERO RICCARDI Quanto costa il latte?

DONNA Questo 1 euro!

PIERO RICCARDI Un euro al litro?

DONNA Si!

PIERO RICCARDI Quindi un bel risparmio?

DONNA Direi di si visto che il latte di alta qualità costa 1 euro e 60, 1 euro e 50. Ed è più buono.

PIERO RICCARDI FUORI CAMPO Con il latte a 1 euro non è solo il consumatore a guadagnarci. L‘allevatore ci mostra una fattura.

GELSOMINO CAPUZZO - ALLEVATORE Sono 36,16 centesimi…

PIERO RICCARDI FUORI CAMPO 36,16 centesimi al litro è il prezzo che i caseifici pagano per il latte, una miseria.

STEFANO MENARA - COLDIRETTI VENETO Quando vai a comperare una macchina una fiat è il produttore che ti dice quanto costa la macchina non puoi dire te ti do 10 mila euro e via, l’agricoltura invece è così sono gli altri che fanno il prezzo, il latte tuo te lo pago a, e lui non decide niente …

GELSOMINO CAPUZZO - ALLEVATORE Quindi se al supermercato costa 1 euro e 60, 1 euro e 70 il latte, dopo che hanno già tolto una parte di panna, hanno fatto altri derivati, in ultima qualcuno deve guadagnarci non può, è quattro volte superiore, è quattro volte superiore.

PIERO RICCARDI FUORI CAMPO Insomma il discorso è sempre lo stesso, i prodotti a noi consumatori costano sempre di più e al produttore arriva sempre meno. L’allevatore ci spiega che lui il latte può venderlo direttamente perché le sue mucche sono sanissime e sono sane perché alimentate con prodotti di qualità, certificati. Ma lui può dare alimenti di qualità solo se gli viene riconosciuto il giusto prezzo. Dunque vendita diretta, senza intermediari. E ci guadagna anche l’ambiente, perché le bottiglie, i consumatori se le portano da casa.

UOMO Una sciacquata la bottiglia e siamo a posto.

PIERO RICCARDI FUORI CAMPO Il risparmio? Enorme. In Italia consumiamo 834.000 litri di latte al giorno, che significa 834.000 bottiglie di plastica e buste del latte in meno nei rifiuti ogni giorno, in pratica una montagna. Ma non è detto che il latte bisogna andarselo a prendere in fattoria.

Eataly al centro di Torino ha il suo bravo distributore e il prezzo è sempre un euro. E magari il distributore si può trovare anche in una Università, come a Bologna, nella facoltà di Agraria.

Chilometro zero possono essere anche i ristoranti, come questo di Castelfranco Veneto, uno dei uno dei primi ad aderire al progetto di Coldiretti. Lo chef ha organizzato un menù con formaggi, carni, verdure e pesci dei dintorni e le distanze le ha messe nel menù.

PIERO RICCARDI La risposta del pubblico, dei clienti?

GIUSEPPE AGOSTINI - CHEF La risposta del pubblico molto spesso è incuriosita inizialmente, e anzi a volte stupita perché non sa, non conosce, non è al corrente di quello che si produce nel luogo dove abitano.

SANDRA CHIARATO - COLDIRETTI VENETO Il chilometro zero fa pensare al protocollo di Kyoto, fa pensare comunque a una cosa a portata di mano, per cui i ristoratori hanno pensato giustamente di non pensare più a una cucina tipica, ma di pensare a una cucina a chilometro zero. Forse non abbiamo scoperto niente di nuovo, ma sicuramente abbiamo creato una coscienza, abbiamo creato un ombrello dove tutti sono andati a ripararsi e a creare anche una strategia di promozione, ma anche un credo, un credo nuovo, una scelta etica.

PIERO RICCARDI FUORI CAMPO Un agricoltura migliore, rispettosa dell’ambiente, della sopravvivenza del nostro pianeta,dei cibi che produce non solo è possibile, ma si sta già realizzando. Migliaia di agricoltori, allevatori ci stanno mettendo le loro competenze e la loro faccia. Ma un vero cambiamento non è possibile senza le nostre scelte, di ciò che mettiamo sulle nostre tavole, di quello che mangiamo al bar, al ristorante, in mensa.

"…mangiare è un atto agricolo ed ecologico." Wendell Berry MILENA GABANELLI IN STUDIO A Piero Riccardi è maturato il pomodoro in macchina. Nessuno può impedire ad un supermercato di vendere delle fragole fuori stagione perché inquinano e hanno poche proprietà nutritive, però noi possiamo non comprarle. E cosa impedisce alle mense aziendali o scolastiche di cucinare pasti a chilometri zero? A quella della Rai per esempio, cosa impedisce di comprare tutto quello che serve nelle campagne romane, dove si produce e si alleva di tutto…Certo bisogna entrare in altre logiche…Ippocrate, nel 400 avanti cristo diceva "lascia che il cibo sia la tua medicina".