mercoledì 21 ottobre 2009

Schiavi e Servi

Nel sistema capitalista la logica di produzione non è misurata in base alla soddisfazione dei bisogni fondamentali della società (cibo, alloggio, salute, istruzione, ecc). Ma per l'ottimizzazione dei parametri di redditività privata capitalista. Pertanto, e seguendo il rigoroso ordine capitalistico, chi non può pagare per il cibo non sarà in grado di consumarlo. E 'la nuova teoria della selezione naturale della specie", non formulata da Darwin, ma dalle corporazioni transnazionali e le potenze imperialiste centrali che hanno trasformato il pianeta in un grande mercato. Con una logica prevalente: La sopravvivenza è riservata solo a quelli che hanno i soldi per pagarla...continua

Siccità e fame: 500 vittime in Guatemala


Sono 469 le vittime in Guatemala dall’inizio dell’anno – riferisce l’agenzia Misna - per la più grave siccità che abbia colpito il Paese latinoamericano dal 1976. Secondo i dati del ministero della Sanità, sono stati persi finora 36 mila ettari di coltivazioni di mais e fagioli, elementi base della dieta quotidiana specie tra i ‘campesinos’. E, sono oltre 400 mila le famiglie a rischio per la mancanza d’acqua e di generi di prima necessità nel Paese in tutta l’America Latina con il più alto tasso - 51% - di malnutrizione cronica tra i bambini di età inferiore ai cinque anni. Per questo a settembre il Guatemala ha dichiarato lo “stato di calamità”. La situazione più grave è quella del cosiddetto ‘corredor seco’, che copre sette dipartimenti orientali. Huité, a Zacapa, è considerato il comune più arido a fronte di politiche inefficaci e nonostante ospiti lussuose ville private con piscina che si ritiene possano appartenere a narcotrafficanti. Secondo i rappresentanti dei contadini della zona, a un chilometro di profondità nel sottosuolo è presente una falda acquifera, su un totale di ben 32 contate nel territorio nazionale, che sarebbe largamente sufficiente a garantire l’approvvigionamento di Huité e dei comuni vicini. Nel tentativo di arginare le spese per l’agricoltura, mantenendo l’umidità nel sottosuolo e favorendo le coltivazioni, nella regione si stanno portando avanti con aiuti internazionali progetti agro-forestali come la semina di Gliricidia (anche detto Madre Cacao), un albero delle leguminose usato per fissare il nitrogeno e arricchire la terra di elementi organici naturali. “Non abbiamo bisogno di assistenzialismo, ma solo di imparare buone pratiche da trasmettere a lungo termine tra i contadini” ha detto il sindaco di Huité, Esbin René Guevara.

Sangue in Guatemala: 12 Ottobre

La polizia spara sui contadini e gli indigeni che partecipavano alla Giornata di azione mondiale in difesa della Madre Terra e protestavano contro la rapina dei beni comuni attuata dalle multinazionali straniere, compresa l'italiana Enel, con la benedizione del governo.

Il 12 ottobre durante le mobilitazioni indette per la Giornata mondiale di azione in difesa della Madre Terra lanciata al Forum sociale mondiale di Belem, tenutosi dal 27 gennaio al primo febbraio di quest’anno, un ragazzo di 19 anni Gilmer Boror Zet è stato ucciso a San Juan Sacatepéquez, in Guatemala, mentre partecipava alla «Protesta de la Madre Tierra». Sono, inoltre, stati feriti gravemente altri due manifestanti: Odulio Raxón Zet, di 16 anni e Esteban Catellanos Orellana di 65 anni. La manifestazione era stata indetta da diverse organizzazioni indigene e contadine guatemalteche tra cui la Fondazione Rigoberta Menchú Tum, il Centro per l’azione legale a difesa dei diritti umani [Caldh], la Coordinadora nacional indigena y campesina [Conic] e la Coordinacion y convergencia nacional Maya Waqib´Kej.
La scelta del luogo della manifestazione non è stata casuale. È da più di un anno che a San Juan Sacatepéquez grandi mobilitazioni si oppongono all’apertura della fabbrica di cemento «Progreso». Lo scorso luglio cinquemila persone hanno percorso le strade di San Juan Sacatepéquez per denunciare i rischi di contaminazione delle acque. La fabbrica, già in costruzione, dovrebbe iniziare a funzionare nel 2012, occupando 900 ettari di terreno e producendo 2,2 milioni di tonnellate di cemento all’anno.
Già nel giugno del 2008 la protesta è stata segnata da un grave episodio di violenza: un dirigente campesino durante una manifestazione contro l’apertura della fabbrica è stato assassinato in uno scontro con le forze di polizia. In quell’occasione Alvaro Colom, Presidente del Guatemala, ha decretato lo stato di emergenza per quindici giorni. In seguito il governo e le organizzazioni indigene e contadine hanno firmato degli accordi, mai applicati, che prevedevano la smilitarizzazione della zona e la cessazione dei processi politici in atto contro i leader della protesta.
Il corteo che il 12 ottobre ha attraversato la città è stato attaccato all’altezza del ponte El Caminero. Tutte le vittime sono originarie della comunità Lo De Reamos di San Juan Sacatepéquez. Secondo le testimonianze degli stessi organizzatori della marcia, i colpi sono partiti da alcuni uomini vestiti di nero infiltrati nel corteo. Tutto il movimento indigeno del Guatemala chiede ora verità e giustizia per quanto accaduto. Nell’aderire alla mobilitazione globale e nell’appello per la manifestazione del 12 ottobre i popoli indigeni del Guatemala chiedevano anche la definizione di una riforma agraria integrale che rispetti i territori indigeni, la sovranità alimentare e l’economia comunitaria. Si chiedeva inoltre il ritiro immediato dal Guatemala di imprese nazionali e straniere che realizzano nel paese megaprogetti estrattivi, minacciando quotidianamente la sopravvivenza di molte comunità.
Tra queste proprio l’impresa di cemento Progreso, ma anche la miniera Marlyn della multinazionale canadese Glamis Gold, responsabile della contaminazione da cianuro del suolo e delle acque nella regione di San Marcos, e l’italiana Enel coinvolta in un progetto idroelettrico nel fiume Jute contro cui, ormai da anni, combattono le organizzazioni indigene e contadine.
Allo Stato e al Governo del Guatemala le organizzazioni sociali chiedevano di fermare la repressione contro le comunità che si oppongono al saccheggio dei beni comuni. Chiedevano inoltre indagini serie sui gruppi armati privati legati al narcotraffico responsabili di assassini, azioni violente e persecuzioni. Il giovane ucciso il 12 ottobre allunga la lista delle persone assassinate nell’ultimo semestre del 2009. Solo nei mesi di settembre ed agosto sono sette i leader uccisi da gruppi armati regolari o non in Guatemala.

La Protesta indigena


Perù, Ecuador, Guatemala, Cile, Panama: negli ultimi mesi la voce dei popoli indigeni dell’America Latina ha guadagnato forza e clamore. Dopo la rivolta che ha insanguinato l’Amazzonia peruviana (oltre trenta morti), portando alla sospensione della contestata legge sullo sfruttamento delle risorse naturali nella regione. Dopo che la sollevazione dei nativi ecuadoriani ha costretto il presidente Rafael Correa ad aprire un tavolo di trattative sulla legge mineraria, ieri in occasione del Columbus day la protesta indigena si è fatta sentire in molti Paesi della regione. In Guatemala una manifestazione di protesta dei contadini indigeni contro il Dia de la Hispanidad ha provocato un morto, due feriti d’arma da fuoco e una decina di contusi. I manifestanti hanno infatti bloccato numerosi accessi alla capitale Guatemala City, provocando le ire di automobilisti e autotrasportatori e la situazione è degenerata in violenti scontri.

A Panama gruppi di discendenti dei popoli originari hanno bruciato le bandiere spagnole e marciato per le strade del Paese per chiedere il rispetto delle proprie terre e tradizioni, la cancellazione delle concessioni distribuite ad aziende multinazionali per lo sfruttamento delle risorse naturali, e protestare per il mancato rispetto dell’autonomia dei popoli indigeni. Gruppi di manifestanti hanno bloccato uno degli accessi della frontiera con il Costa Rica, mentre un altro gruppo ha “assediato” l’ambasciata spagnola. La marcia dei popoli originari cileni ha portato a Santiago del Cile diverse migliaia di persone, che hanno ricordato il Dia de la Hispanidad dalla prospettiva indigena. Vestiti con abiti tradizionali si sono dedicati a canti e balli ricordando il “Bicentenario della repressione” e protestando per la situazione nella regione di Arucania, dove da anni è in atto un battaglia legale e civile da parte dei nativi che chiedono il riconoscimento dei diritti su vaste aree che sono state date in concessione a imprese agricole o del legname. La situazione si è fatta più tesa dallo scorso mese di agosto quando un giovane è morto dopo essere stato colpito da una pallottola alla schiena nel corso di una manifestazione.

Il 12 ottobre da alcuni anni è diventato, in America Latina, il giorno delle proteste dei contadini indigeni che, coscienti dell’eco internazionale che le celebrazioni per la scoperta dell’America risvegliano in tutto il mondo, cercando i “usare” i riflettori accesi per l’occasione come un’opportunità per far conoscere all’opinione pubblica le proprie problematiche. La questione dei popoli originari però non è solo un problema “interno” o locale, ma una realtà politica di cui quasi tutti i Paesi della regione devono tenere conto, soprattutto quelli in cui, come Bolivia ed Ecuador, i capi di Stato hanno cavalcato le rivendicazioni indigene per ottenere il successo politico.

martedì 13 ottobre 2009

Guatemala: paura per due comunità native sgomberate

Il 2 settembre 2009, 80 membri di due comunità rurali native sono state sgomberate dalle loro abitazioni con un'azione di forza da parte della polizia. Le due comunità, "Bella Flor" e "8 di Agosto", si trovano entrambe nel municipio di Panzós, nel dipartimento di Alta Verapaz. Le loro case sono state abbattute dalla polizia e tutte le loro proprietà distrutte. Le autorità non hanno fornito loro nessun riparo alternativo.

Alcuni abitanti di "Bella Flor" hanno trovato rifugio in alcune case libere presenti nei paraggi. In occasione dello sgombero della comunità di "Bella Flor", la polizia ha dato 15 minuti di tempo agli abitanti affinché portassero via le loro cose, prima di dare alle fiamme le abitazioni. Testimoni riferiscono che la polizia ha distrutto anche gran parte del raccolto. I membri della comunità hanno fatto richiesta alle autorità di poter tornare per recuperare quel che restava del raccolto.

Lo sgombero della comunità "8 di Agosto" è avvenuto con 20 minuti di preavviso. Durante l'operazione tre poliziotti avrebbero tentato di stuprare una ragazza di 15 anni. La comunità "8 di Agosto", dopo lo sgombero, ha vissuto all'aperto lungo i bordi di una strada e poi è tornata a rioccupare le terre dalle quali era stata allontanata. I membri della comunità, dopo essere stati tre settimane all'addiaccio ai bordi di una strada, sono tornati a rioccupare le terre dalle quali erano stati sgomberati.

Entrambe le comunità vivono in quest'area dal 2007. Ci sono stati sforzi in passato per risolvere la questione della proprietà della terra, ma senza successo. La terra sulla quale la comunità "8 di Agosto" aveva costruito le proprie case è presumibilmente proprietà dello stato, mentre quella della comunità "Bella Flor" è presumibilmente proprietà di un privato. La comunità "Bella Flor" ha richiesto alle autorità il permesso di ritornare alla sua terra per raccogliere il raccolto. I membri della comunità "8 di Agosto" sono di nuovo a rischio di sgombero forzato per la seconda volta dopo il loro ritorno.

Il Guatemala ha ratificato nel 1988 il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali e per tanto è sottoposto alla verifica dell'applicazione di questo da parte di un comitato delle Nazioni Unite.
Tale comitato ha stabilito che gli sgomberi vanno fatti rispettando alcune norme tese a garantire i diritti fondamentali degli sfrattati, tra i quali quello ad un alloggio adeguato e all'assistenza legale in caso di controversia con i proprietari terrieri.

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sabato 3 ottobre 2009

GreenPeace, multinazionali spagnole alla conquista del continente americano


Non usa mezzi termini GreenPeace nell'ultima informativa pubblicata: le multinazionali spagnole impegnate in America Latina sono colpevoli di aver depredato l'ambiente. Nonostante l'apparente immagine trasparente che vogliono far credere di avere all'interno dei propri confini nazionali.
Infatti, è proprio fuori dall'Europa, soprattutto in America Latina, che le multinazionali spagnole danno il peggio.
Molti i settori presi in considerazione nelle quasi 110 pagine dell'informativa titolata: Los nuevos conquistadores. Multinacionales españolas en America Latina. Si passa dai danni causati dall'industria petrolifera a quella alberghiera passando per le più che importanti aziende di carbone. E proprio su questo tema si sofferma il rapporto. Secondo quanto dichiarato da GreenPeace, infatti, Union Fenosa e Iberdrola, due importanti aziende iberiche, sarebbero in procinto di ampliare i loro progetti di estrazione di carbone in Guatemala, rischiando di causare danni ambientali difficilmente riparabili.
Ma sono progetti che riguardano solo una determinata area, quella dei paesi cosiddetti poveri del centro e sud america. Sì, perchè nei progetti riguardanti paesi del vecchio continente le stesse aziende mettono in primo piano strategie di relative a fonti di energia rinnovabile.
Pagine fitte di dati e informazioni sulle attività delle multinazionali che stanno mettendo in serio pericolo l'ambiente dell'intero continente americano.
Il portavoce di GreenPeace, Mario Rodriguez, però, tiene a sottolineare che le multinazionali spagnole non hanno progetti più dannosi rispetto a altre di altre nazionalità. E cita due delle maggior multinazionali al mondo del settore petrolifero: Shell e Exxon ritenendo che "le attività di queste aziende non siano differenti da quelle di Repsol".
Un altro settore da tenere in considerazione secondo GreenPeace è quello dell'industria turistica. Chilometri di costa, soprattutto nei paesi dove il turismo è ancora una voce importante del Pil, come il Messico, distrutti e dati in pasto a colate di cemento. Foreste di mangrovie necessarie alla sopravvivenza dell'ambiente rase al suolo. Specie animali che corrono il serio pericolo di estinguersi. E tutto in nome del dio profitto. "Senza nemmeno restituire parte dei proventi alle comunità locali" dice Rodriguez che aggiunge: "Le imprese spagnole hanno distrutto prima le coste spagnole e adesso cercano di portare lo stesso modello anche in questa parte del mondo. E non ci viene nemmeno raccontato cosa stanno facendo lungo la Riviera Maya" zona molto frequentata dal turismo internazionale. Su tutti spicca il clamoroso caso di un hotel costruito nei pressi della famosa località turistica Cancun: il resort è sorto dopo aver completamente distrutto l'habitat della zona che comprendeva una vasta distesa di mangrovie e di animali. Da qui la decisione di GreenPeace di chiedere al governo di Madrid di non difendere le compagnie che hanno compiuto stragi ambientali.
Vane le scuse della compagnia, che ha edificato l'hotel, che da sempre ha sostenuto di aver costruito su un territorio già devastato da cicloni tropicali.
In ogni caso non è stata solo GreenPeace a puntare il dito contro le opere delle grandi multinazionali. Anche l'organizzazione non governativa Paz con Dignidad dopo un accurato studio ha reso noti dati molto interessanti. Pare infatti che le multinazionali spagnole investano solo l'1,2 percento dei loro guadagni in responsabilità sociale a scapito di un aumento dei guadagni che dal 2004 ha raggiunto il 156 percento.
Insomma, sembra che le multinazionali poco si preoccupino dei danni che causano e si comportino nello stesso modo dei conquistadores che misero in ginocchio l'intero continente secoli fa.