martedì 26 agosto 2008

Sfuggire alla trappola della povertà


Cos’hanno in comune una vedova del Bangladesh con un figlio sordo, un minatore dodicenne del Kirghizistan, una coppia di contadini ugandesi con dodici bambini e una collaboratrice domestica sudafricana che perde la casa quando muore il marito e il lavoro quando si rompe una gamba? Sono intrappolati, bambini compresi, nella miseria cronica, anche quando i loro paesi mostrano segni di crescita economica...continua

Perù: vince il movimento indigeno amazzonico


Una grande vittoria per il movimento indigeno peruviano. Il congresso peruviano ha ratificato la decisione della commissione del congresso sull' amazzonia che ha stabilito l'abrogazione dei due decreti legislativi voluti dal governo Garcìa e da mesi al centro delle proteste delle comunità e dei movimenti.

Si tratta di un grande successo per le comunità native del Perù che hanno dimostrato attraverso la loro giusta lotta in difesa del proprio territorio e del diritto alla vita, di saper costruire partecipazione politica attraverso processi di resistenza democratici e pacifici. Non occorre dimenticare che, nonostante la vittoria sui due decreti incriminati, ne restano ancora molti in vigore che rappresentano una minaccia non solo al diritto di autodeterminazione dei popoli ma soprattutto alla sovranità nazionale del Perù.

I due decreti oggetto della misura abrogativa sono il 1015 ed il 1073, imposti senza dialogo ne accordo con i popoli indigeni, contrariamente a quanto sancisce la Convenzione 169 dell'OIT, sottoscritta dallo stato peruviano.

Questi decreti legislativi facilitavano la vendita delle terre e la consegna delle risorse naturali amazzoniche alle grandi multinazionali, in accordo al Trattato di lIbero Commercio con gli Stati Uniti, firmato dall'ex presidente Alejandro Toledo. Due anni e mezzo fa l'allora canditato alle presidenziali Garcia, aveva promesso di ritirare la firma peruviana da quasto accordo. Una volta eletto però questo signore è diventato il migliore alleato degli Stati Uniti insieme a Uribe in Colombia e alla Bachelet in Cile. Preoccupato per i mancati investimenti delle multinazionali come unico modo per risolvere il problema della povertà, il Sr. García ha tentato di utilizzare le terre degli indiani amazzonici usino asservendole al capitalismo.

In accordo alle leggi che di peruviano hanno solo il nome, chi possiede la terra in Perù sono solo i proprietari della materia fisica chiamata terra e non dell'aria, dei boschi, del sottosuolo dove c'è il gas, il petrolio, i minerali, ne delle acque dei suoi fiumi nella quale si trova l'oro. Con la loro saggezza millenaria i popoli indigeni ridono della stupidità peruviana occidentale. Per loro infatti la terra, il sottosuolo e l'aria fa parte di un'unità, come una è la vita degli esseri umani, animali e piante grazie alla madre terra, ai fiumi e ai mari. Separare gli esseri umani dai loro boschi e dai loro fiumi è un atto d'ignoranza punibile.

In Texas i proprietari delle terre dove si trova il petrolio divengono milonari. In Perù invece diventano poveri, come è succusso a tutti i proprietari dei terreni dove ci sono minerali, petrolio e gas.

Dal 1974, i popoli indigeni hanno cominciato a recuperare parte del territorio che gli era stato espropriato dagli spagnoli e dai loro eredi. Le superfici recuperate corrono il pericolo di passare in altre mani, per la felicità del capitalismo e dei suoi sostenitori. Condividere il bosco con i fratelli scimmie, tartarughe o uccelli, è concepibile solo se si ha la luce della spiritualità indigena, nella quale la teorica superiorità dell'uomo e della ragione sulla natura, sono inesistenti ed inimaginabili.

I popoli indigeni hanno chiesto al nuovo governo il dialogo, con forza e fermezza, ma senza violenza.
Quando il presidente Garcia ha redatto i decreti legislativi non ha dato modo alle popolazioni interessate di capire ciò che stava succedendo. I dirigenti indigeni hanno sospeso il dialogo chiedendo una commissione che abbia capacità decisionale. Il governo ha risposto sospendendo le garanzie costituzionali, dando così libero sfogo alla violenza. Ciononostante, la determinazione delle comunità a continuare la loro lotta è riuscita ad ottenere dalla commissione il riconosciemnto della violazione palese che il governo stava commettendo. Una lezione in più che ci giunge dall'America latina. L'unico angolo del mondo da cui continuano ad arrivare concreti segnali di speranza per un altro mondo possibile.

L'integrazione Latinoamericana e il diritto agli alimenti


In tutto il mondo circa 800 milioni di persone soffrono di fame cronica e ogni giorno si registrano 40.000 decessi correlati alla fame. Ciò nonostante, da anni si investe sui biocarburanti, che com'è risaputo, utilizzano granaglie e altre colture destinate all'alimentazione per produrre carburati vegetali. Sull'argomento pare che i ricercatori, evidenziando l’aumento crescente della conversione di coltivazioni tradizionali in coltivazioni energetiche abbiano affermato che «Le scienze possono e devono contribuire nel fornire nuove soluzioni per risolvere la crisi energetica senza sottrarre il cibo ai poveri».

Da anni i ricchi paesi occidentali provano a destinare lo 0.7% del loro miliardario Prodotto interno lordo (PIL) in aiuti allo sviluppo. Nonostante la buona volontà proprio non riescono neanche ad avvicinare tale obbiettivo. Adesso il Sud del mondo, che finalmente nazionalizza le proprie ricchezze e le usa per lo sviluppo, con l’ALBA, che accoglie come nuovo membro l’Honduras, può aiutarsi da solo. Ecco come il petrolio venezuelano si trasforma in pane.

I peggiori del mondo, perfino peggio degli Stati Uniti, sono gli italiani: nonostante spergiurino da vent’anni di volere arrivare allo 0,7% (cifra raggiunta solo dagli scandinavi e gli olandesi) destinano in realtà appena lo 0,11% del PIL, il 90% del quale finisce comunque a imprese italiane impegnate all’estero.

Rispetto alla crisi alimentare attuale, alla crescita esponenziale di prezzi di alimenti di base, per la quale l’Occidente ha importanti responsabilità, dal Sud del mondo arriva una risposta concreta. Petrocaribe, un’organizzazione alla quale partecipano 18 paesi, voluta dal governo bolivariano venezuelano e incentrata sulla petrolifera nazionalizzata PDVSA, ha lanciato un’iniziativa per la sicurezza alimentare dei paesi membri. Il governo presieduto da Hugo Chávez da oggi destinerà 50 centesimi di dollaro per ogni barile di petrolio venduto (a un prezzo superiore ai cento dollari).

Vuol dire che solo da qui a fine 2008 e solo attraverso tale voce, il governo venezuelano destinerà 450 milioni di dollari alla sicurezza alimentare della regione.

Intanto nell’ALBA, l’Altenativa Bolivariana per le Americhe, della quale fanno parte Venezuela, Cuba, Nicaragua e Bolivia entra a far parte come membro pieno l’Honduras. Per il presidente Manuel Zelaya, un moderato di centro-sinistra, entrare nell’ALBA oggi vuol dire cercare alternative solidali al neoliberismo visto che le soluzioni tradizionali hanno fallito, ed è “è la miglior maniera di trovare soluzioni ai problemi storici del paese, in cerca di un modello di sviluppo che favorisca i poveri”.

Italiani grandi consumatori d'acqua


Si è conclusa recentementela settimana mondiale dell’acqua, indetta dall’Istituto Internazionale per le acque di Stoccolma. Fra i tanti argomenti trattati è emerso che l’Italia è fra i più grandi consumatori d’acqua.

Nel nostro paese la media è di 215 litri al giorno, contro i 2,5 litri che rappresentano la stima del fabbisogno per le esigenze di vita. In sostanza abbiamo un consumo 86 volte superiore a quello di cui avremmo bisogno. L’Organizzazione mondiale della sanità ha stabilito la soglia minima del fabbisogno idrico per persona in 1.700 metri cubi di acqua all’anno (per usi idropotabili, irrigui, industriali, energetici).

In parte, spiega l’Aduc, siamo responsabili dei consumi mondiali, visto che, come ha sottolineato la Fao, su 5 mila chilometri cubi d’acqua consumati nel mondo, circa 3.500 vanno all’agricoltura, 1.000 circa all’industria e circa 200 agli usi civili.

L'alternativa arriva dal rubinetto


Bere acqua in bottiglia è un'abitudine che costa cara all'ambiente e al portafoglio. L'alternativa esiste e viene dagli acquedotti con un vantaggi non indifferente per il portafoglio. Ipotizzando un costo medio di 30 centesimi al litro per quella imbottigliata, una famiglia di tre persone spende circa 175 euro l'anno per 194 litri a testa. Mentre la stessa quantità di acqua del rubinetto è praticamente gratis (con le tariffe più care d'Italia non si va oltre 1,3 euro).
Per quanto riguarda la salute non c'è problema. Come previsto dal decreto legislativo 31 del 2 febbraio 2001, i controlli dei gestori e delle aziende sanitarie locali sono molto frequenti (in grandi città come Milano e Roma si fanno ormai più analisi al giorno).
Per avere notizie più dettagliate sulla propria acqua si può leggere la bolletta, consultare i siti internet dei gestori o i venditori e le Asl di riferimento.
Se il problema è il sapore, invece, può bastare qualche accorgimento. Per togliere il cloro, ad esempio, visto che è una sostanza volatile è sufficiente lasciare l'acqua all'aria aperta per qualche minuto.
In commercio poi ci sono caraffe filtranti, impianti a osmosi inversa e addolcitori che eliminano cattivi odori e riducono gli inquinanti. I prezzi vanno da qualche decina di euro a oltre 2mila.
Infine, chi vuole l'acqua del rubinetto anche al ristorante, sul sito internet www.imbrocchiamola.org, può trovare l'elenco di esercizi pubblici che la servono a tavola.

Meno spesa per ogni goccia


Consumare meno acqua permette di alleggerire la bolletta ed evitare sprechi. Basta fare attenzione ai piccoli gesti quotidiani, come consigliano tre associazioni dei consumatori, Adiconsum, Altroconsumo e Federconsumatori. A partire dall'uso del bagno: utilizzare la doccia permette di consumare in media un terzo dell'acqua necessaria per lavarsi in una vasca, che può contenere circa 150 litri.
Un'altra indicazione da tenere presente è che bisogna stare molto attenti a non lasciare aperto il rubinetto inutilmente visto che dal getto della doccia, ad esempio, possono uscire anche 20 litri di acqua ogni minuto. Per quanto riguarda il water poi è bene sapere che ogni volta che si fa scendere l'acqua si consumano da 6 a 10 litri. Per evitare sprechi da questo punto di vista è consigliabile installare impianti a pulsante o a manovella che possono essere avviati e interrotti a seconda della necessità.
Per tutti i rubinetti di casa, invece, applicare un frangigetto può essere una buona idea per risparmiare. È un piccolo apparecchio, molto semplice da inserire all'interno dei tubi, che immette aria nel flusso. Con questo sistema esce un getto più leggero ed efficace.
I risparmi sono stati calcolati in migliaia di litri ogni anno (un metro cubo d'acqua, pari a mille litri, può costare da pochi centesimi a un paio di euro, a seconda del gestore preso in considerazione). Un frangigetto può essere comprato per pochi euro in un qualunque ferramenta o in un negozio di casalinghi.
Secondo una stima dell'Eni, installando i riduttori di flusso sui rubinetti di lavandini e doccia si ridurrà del 30-50% il consumo di acqua e dell'energia necessaria per riscaldarla con un risparmio di oltre 50 euro all'anno.
Passando agli elettrodomestici, e in particolare a lavatrici e lavastoviglie, utilizzandoli a pieno carico e con il ciclo economico si possono ottenere risparmi elevati. Chi non possiede una lavastoviglie e deve lavare i piatti a mano, può cercare di raccogliere l'acqua nel lavello invece di tenere il rubinetto sempre aperto.
Per evitare sprechi, inoltre, è fondamentale non trascurare mai la manutenzione di tutti gli strumenti attraverso i quali passa acqua. Ogni giorno, ad esempio, si possono sprecare fino a 100 litri per uno scarico o un rubinetto difettosi (se la perdita corrisponde a circa 90 gocce ogni minuto, il totale annuo raggiungerà addirittura 4mila litri).
Anche in giardino si può risparmiare: evitando, per esempio, di innaffiare le piante durante il giorno, soprattutto nella stagione estiva, visto che la terra calda favorisce l'evaporazione dell'acqua. Meglio farlo quando il sole è tramontato. Potrebbe valere la pena, soprattutto per chi ha un giardino molto vasto, di prendere in considerazione i sistemi automatici a micropioggia che possono essere regolati in tempo e quantità. Un altro sistema utile a raggiungere lo stesso scopo potrebbero essere gli impianti goccia a goccia, costruiti in modo da rilasciare lentamente l'acqua.
Un ulteriore piccolo stratagemma è riciclare l'acqua usata per lavare la verdura – o della doccia in attesa che diventi calda – per innaffiare.
Infine, attenzione a quando si lava la propria auto. Sarebbe meglio evitare di usare il tubo attaccato al rubinetto. Usare un secchio riempito, infatti, consente di risparmiare all'incirca 130 litri di acqua a lavaggio.

martedì 19 agosto 2008

Le donne fanno di più, col minimo di aiuti


Il dibattito internazionale sull’efficacia degli aiuti - modellati sui bisogni dei paesi in via di sviluppo piuttosto che sulle priorità dei donatori - riprenderà quando i ministri di oltre cento paesi e i membri delle agenzie per lo sviluppo, delle organizzazioni dei donatori e della società civile si riuniranno per il terzo Forum di alto livello sull’efficacia degli aiuti ad Accra, dal 2 a 4 settembre...continua

mercoledì 13 agosto 2008

Usa: Gli ospedali rimpatriano i 'sin papeles'


Gli ospedali statunitensi stanno rimpatriando autonomamente gli immigranti illegali senza assicurazione che non possono pagare il trattamento medico di cui hanno bisogno. La minima copertura del sistema di salute finanziata dallo Stato, ha fatto si che i centri che devono pagare con i loro propri fondi l'assistenza a questi pazienti poveri, abbiano iniziato a finanziare voli per riportare ai loro paesi di origine gli immigranti, secondo un reportage pubblicato dal New York Times.Il sistema sanitario si fa solo carico di una parte della fattura. Il caso del guatemalteco Luis Alberto Jiménez è il primo che si è concluso, grazie ad un vizio d'errore, a favore del paziente. Il tribunale d'appello ha dichiarato che gli ospedali non hanno nessuna facoltà nella politica migratoria. Nel 2000, Jiménez, di 35 anni, che lavorava illegalmente nel paese, dopo aver avuto un grave incidente di macchina provocato da un nordamericano ubriaco, è stato trasportato in un ospedale in Florida. Gli ospedali non possono negare assistenza d'urgenza agli immigrati illegali. Secondo la normativa federale sono obbligati a curarli. E neanche possono lasciarli per strada quando ancora hanno bisogno d'attenzione, senza assicurarsi che li accolgano in un centro post-ospedaliero adeguato. Il problema è chi paga questo sistema. Il sistema sanitario statale si fa carico solo di una parte del costo, perché la maggior parte degli stati non finanziano i trattamenti a lungo corso. Così sono gli ospedali che devono farsi carico delle spese che non gli verranno rimborsate. Luis Jiménez ha passato quasi un anno in coma nel Martin Memorial in Florida. Al risveglio il danno celebrale era molto grave. L'ospedale a quel punto ha trovato un centro post-ospedaliero che potesse occuparsi di lui. Dopo pochi mesi è tornato con una grave infezione che doveva essere trattata immediatamente. Nessun centro lo ha voluto accettare. L'ospedale a quel punto ha deciso di rimpatriare il paziente in Guatemala. Dopo l'incidente il tutore legale di Jimenez, ha presentato un'istanza per impedirne il rimpatrio. Un giudice della Florida, nel giugno 2003, ha commentato che stava "navigando per mari che sono fuori dalle mappe", dando la ragione all'ospedale. Ha poi ordinato a Jiménez di smettere d'impedire l'attuazione del progetto di rimpatrio. Il suo avvocato, Michael Banks, ha annunciato il ricorso in appello, ma quattro ore dopo una macchina stava già portando il paziente all'aeroporto.
Quando la corte di appello della Florida ha emesso la sentenza nel 2004, Jimenez ere già in Guatemala. In quell'occasione il tribunale ha dato ragione al paziente, stabilendo che l'ospedale non aveva capacità giuridica per poter deportare qualcuno, cosa che può fare solo il Governo Federale, e che il centro non aveva fornito prove sufficienti a dire che Jimenez aveva ricevuto cure idonee. Non era la prima volta che un ospedale prendeva una decisione di questo tipo. A quanto sembra è una pratica in uso già da vari anni. Quando si tratta di trattamenti medici lunghi che nessuno paga, i centri di salute riportano gli emigrati nei loro paesi di origine, pagando il viaggio di tasca propria. Anche senza il consenso dei famigliari. I centri medici dicono che non procedono al rimpatrio fino a che i pazienti si siano stabilizzati e fino a quando non si sia trovata una giusta sistemazione nei loro paesi. Di fatto però nessuno supervisiona la condotta degli ospedali. In molti casi, per la mancanza di risorse nel paese d'origine, il trattamento è inesistente. Non ci sono statistiche, ma il The New York Times cita il caso di un ospedale di Phoenix che in un solo anno ha rimpatriato 96 pazienti. Jiménez è ora nel suo piccolo paese in Guatemala, assistito solo da sua madre di 72 anni. Non è probabile che torni negli Stati Uniti, ma la decisione della corte di appello della Florida ha segnato un precedente importante. Rende più difficile per gli ospedali continuare con la loro politica di rimpatrio illegale.

Guatemala: I Contadini scendono in piazza


Il Coordinamento Nazionale Indigeno e Contadino (Conic) è sceso in piazza il 5 agosto, per protestare contro l'alto costo del paniere base e contro l'installazione di industrie minerarie nei territori indigeni. Tra i temi che il Coordinamento metterà in discussione c'è il sostegno alle misure governative che riguardano l'offerta di credito ed i sussidi alle 31.951 famiglie di piccoli produttori di grano, membri della Conic. ""Questo appoggio è urgente per poter affrontare la crisi alimentare e far smettere l'aumento dei prezzi alimentari". La Conic si schiera anche per la difesa del territorio e contro l'installazione delle imprese minerarie. "E' un grido generalizzato della popolazione maya e contadina, perché stanno consegnando le nostre risorse naturali alle imprese nazionali ed internazionali, in cambio di favori che non contribuiscono alla sviluppo del paese, ma alla distruzione delle foreste, montagne, acque e sfollamento delle nostre comunità". Esiste la necessità di definire modelli di sviluppo che diano beneficio alla popolazione e non solo ad un gruppo specifico. "Non possiamo permettere che ci uccidano di fame e che continuino a violare il nostro diritto alla vita. Basta con gli inganni e le bugie del governo". A luglio i prezzi alimentari sono continuati a crescere in Guatemala. Solo il formaggio e le uova hanno registrato un abbassamento dei prezzi, mentre le patate, le banane, la cipolla ed il latte hanno registrato innalzamenti. Secondo i dati dell'Istituto Nazionale di Statistica (INE), il paniere base vitale-che include anche salute, abitazioni ed educazione tra gli altri- è aumentato da Q 3.320 a maggio a Q 3.422, a giugno.Da giugno 2007 a giugno 2008, c'è stato un incremento di Q 634 nel paniere basico vitale. In accordo con l'INE, il paniere base degli alimenti costa attualmente Q 1.683 al mese per una famiglia di cinque membri, mentre il salario minimo vigente nel paese è di Q 1.660 per un contadino, e di Q 1.686 per i lavoratori non agricoli.