mercoledì 25 giugno 2008

Il Cellulare? Un prodotto tossico....


fonte: liberazione.it

Alessandro Delfanti


È possibile immaginare uno sviluppo sostenibile per i paesi poveri senza impedire che diventino le discariche di quelli ricchi? No, secondo i delegati che a Bali in questi giorni parleranno del problema dei rifiuti tossici, dal mercurio agli pneumatici usati, ma in particolare di quelli derivanti da apparecchiature elettroniche come telefoni cellulari o computer.
I delegati di 170 paesi di tutto il mondo, oltre che di Ong e associazioni della società civile, sono riuniti in Indonesia per cinque giorni, fino al 27 giugno, alla nona Conferenza delle parti che si svolge sotto l’egida del Programma per l’ambiente delle Nazioni unite. In primo piano c’è il problema del traffico di rifiuti pericolosi dai paesi ricchi a quelli poveri e del suo impatto sulla salute delle persone che vivono nei territori che “importano” rifiuti pericolosi.
Un problema che in Italia conosciamo sin troppo bene, come insegnano le vicende della munnezza napoletana e dei legami tra camorra e imprenditori del Nord.
A Bali si parlerà di traffici internazionali.
Il ministro dell’ambiente indonesiano, Rahmat Witoelar, ha introdotto i lavori sottolineando come il suo paese sia uno dei più colpiti da questi traffici «a causa della sua natura di arcipelago, con la seconda linea costiera più lunga del mondo, l’Indonesia è vulnerabile a traffici illegali di rifiuti tossici che arrivano dall’estero » via mare. Il trattato internazionale che fa riferimento al problema dei rifiuti tossici è la Convenzione di Basilea, il principale trattato internazionale per la
regolamentazione dei movimenti di rifiuti pericolosi fra le nazioni. Redatto nel 1989 ed entrato in vigore nel 1992, è stato firmato da 170 paesi e ha l’obiettivo di minimizzare la loro produzione e il loro movimento al di là delle frontiere, trattare i rifiuti più vicino possibile al luogo di produzione e minimizzare la produzione di rifiuti alla fonte. Gli unici paesi a non aver ancora ratificato la
Convenzione di Basilea sono Afghanistan, Haiti e Stati uniti d’America.
E proprio dagli Usa, secondo Greenpeace, esce un flusso pericoloso di rifiuti che rappresentano fino all’80% della e-waste, la “spazzatura elettronica” prodotta negli States, anche grazie alla mancata ratifica del trattato. Questo flusso raggiunge soprattutto paesi come India o Cina, che
hanno ratificato la Convenzione ma continuano a permettere l’ingresso di rifiuti illegali. Rifiuti da cui migliaia di lavoratori locali poverissimi estraggono i metalli riutilizzabili – come argento o platino – senza alcuna protezione e mettendo a rischio le proprie vite. Lavorano piombo, cadmio,
mercurio e utilizzano sostanze pericolose come acidi a mani nude, con grave pericolo per se stessi e per l’ambiente: queste lavorazioni si svolgono in modo illegale e al di fuori di qualsiasi standard di trattamento dei rifiuti pericolosi.
È il caso dei telefoni cellulari: il meeting cercherà di adottare nuove linee guida per la gestione dei telefoni alla fine della loro vita. Il loro uso è esploso negli ultimi anni in tutto il mondo, e attualmente ne circolano tre miliardi. Prima o poi verranno gettati, creando innumerevoli problemi che attualmente la Convenzione non riesce a prevenire. In alcuni casi alcune parti pericolose di computer e altre apparecchiature elettroniche non rientrano nelle definizioni
della Convenzione di Basilea e trovano quindi modo di sfuggire ai controlli, soprattutto in paesi in cui gli stessi controlli sono lassi o in cui forti interessi economici spingono per far entrare più rifiuti possibili.
Anche per questo uno motivo degli obiettivi della conferenza è la produzione di una “Dichiarazione di Bali” che metta in evidenza – e inserisca nell’agenda internazionale – l’importanza non solo sanitaria ma anche economica (cioè per lo sviluppo dei paesi poveri) di una gestione migliore dei rifiuti tossici. Si vuole impedire la nascita di paesi “pattumiera”. Secondo
Katharina Kummer Peiry, segretaria esecutiva della Convenzione di Basilea, «è importante che questo meeting riaffermi l’interdipendenza innegabile tra una gestione dei rifiuti a basso impatto ambientale e il raggiungimento dello sviluppo sostenibile, soprattutto per chi ne ha più bisogno
», cioè i paesi poveri. Il 26 giugno un meeting speciale all’interno della conferenza discuterà «le forme concrete per gestire in modo appropriato i rifiuti proteggendo la salute umana e riducendo la povertà», in linea con i Millenium Development Goals, gli obiettivi di sviluppo del millennio, come garantire la sostenibilità ambientale e sradicare la povertà, che gli stati membri delle Nazioni unite si sono impegnati a raggiungere entro il 2015. E che per realizzarsi necessitano di giustizia anche sul fronte dei rifiuti.

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