mercoledì 13 agosto 2008

Usa: Gli ospedali rimpatriano i 'sin papeles'


Gli ospedali statunitensi stanno rimpatriando autonomamente gli immigranti illegali senza assicurazione che non possono pagare il trattamento medico di cui hanno bisogno. La minima copertura del sistema di salute finanziata dallo Stato, ha fatto si che i centri che devono pagare con i loro propri fondi l'assistenza a questi pazienti poveri, abbiano iniziato a finanziare voli per riportare ai loro paesi di origine gli immigranti, secondo un reportage pubblicato dal New York Times.Il sistema sanitario si fa solo carico di una parte della fattura. Il caso del guatemalteco Luis Alberto Jiménez è il primo che si è concluso, grazie ad un vizio d'errore, a favore del paziente. Il tribunale d'appello ha dichiarato che gli ospedali non hanno nessuna facoltà nella politica migratoria. Nel 2000, Jiménez, di 35 anni, che lavorava illegalmente nel paese, dopo aver avuto un grave incidente di macchina provocato da un nordamericano ubriaco, è stato trasportato in un ospedale in Florida. Gli ospedali non possono negare assistenza d'urgenza agli immigrati illegali. Secondo la normativa federale sono obbligati a curarli. E neanche possono lasciarli per strada quando ancora hanno bisogno d'attenzione, senza assicurarsi che li accolgano in un centro post-ospedaliero adeguato. Il problema è chi paga questo sistema. Il sistema sanitario statale si fa carico solo di una parte del costo, perché la maggior parte degli stati non finanziano i trattamenti a lungo corso. Così sono gli ospedali che devono farsi carico delle spese che non gli verranno rimborsate. Luis Jiménez ha passato quasi un anno in coma nel Martin Memorial in Florida. Al risveglio il danno celebrale era molto grave. L'ospedale a quel punto ha trovato un centro post-ospedaliero che potesse occuparsi di lui. Dopo pochi mesi è tornato con una grave infezione che doveva essere trattata immediatamente. Nessun centro lo ha voluto accettare. L'ospedale a quel punto ha deciso di rimpatriare il paziente in Guatemala. Dopo l'incidente il tutore legale di Jimenez, ha presentato un'istanza per impedirne il rimpatrio. Un giudice della Florida, nel giugno 2003, ha commentato che stava "navigando per mari che sono fuori dalle mappe", dando la ragione all'ospedale. Ha poi ordinato a Jiménez di smettere d'impedire l'attuazione del progetto di rimpatrio. Il suo avvocato, Michael Banks, ha annunciato il ricorso in appello, ma quattro ore dopo una macchina stava già portando il paziente all'aeroporto.
Quando la corte di appello della Florida ha emesso la sentenza nel 2004, Jimenez ere già in Guatemala. In quell'occasione il tribunale ha dato ragione al paziente, stabilendo che l'ospedale non aveva capacità giuridica per poter deportare qualcuno, cosa che può fare solo il Governo Federale, e che il centro non aveva fornito prove sufficienti a dire che Jimenez aveva ricevuto cure idonee. Non era la prima volta che un ospedale prendeva una decisione di questo tipo. A quanto sembra è una pratica in uso già da vari anni. Quando si tratta di trattamenti medici lunghi che nessuno paga, i centri di salute riportano gli emigrati nei loro paesi di origine, pagando il viaggio di tasca propria. Anche senza il consenso dei famigliari. I centri medici dicono che non procedono al rimpatrio fino a che i pazienti si siano stabilizzati e fino a quando non si sia trovata una giusta sistemazione nei loro paesi. Di fatto però nessuno supervisiona la condotta degli ospedali. In molti casi, per la mancanza di risorse nel paese d'origine, il trattamento è inesistente. Non ci sono statistiche, ma il The New York Times cita il caso di un ospedale di Phoenix che in un solo anno ha rimpatriato 96 pazienti. Jiménez è ora nel suo piccolo paese in Guatemala, assistito solo da sua madre di 72 anni. Non è probabile che torni negli Stati Uniti, ma la decisione della corte di appello della Florida ha segnato un precedente importante. Rende più difficile per gli ospedali continuare con la loro politica di rimpatrio illegale.

1 commento:

Carlo Sansonetti ha detto...

Non sono gli ospedali americani a rimanere sotto i riflettori della nostra attenzione, ma un intero sistema politico mondiale che sta privilegiando l'aspetto meramente economico rispetto a quello integralmente umano. Questo sistema allora sta portando, per sua stessa natura, il mondo verso la disumanizzazione: la compassione, la solidarietà e la giustizia non hanno spazio, quello che conta è solo sapere che cosa ci costa di più, e quanto possiamo guadagnare di più. Anche se questo significa sacrificare salute o vite umane.
A questo punto a noi spetta denunciare, lottare e resistere. Impegnarci a servizio dei diseredati, essere noi la loro eredità.